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Anche oggi siamo costretti a ricordare che l’esperienza non è una forma di retribuzione accettabile in un Paese fondato per Costituzione sul lavoro.
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A Udine il 14 ottobre è prevista Italia-Israele. La nostra petizione per chiedere che non si giochi è arrivata a quasi 30.000 firme. Puoi firmare in venti secondi su bit.ly/noitaliaisraele.

Ci vediamo a Udine in Piazza Repubblica alle 17.30, il 14 ottobre, per il corteo "Show Israel the red card".
Stop the game: no a Italia-Israele | Possibile
FIRME RAGGIUNTE 0 No a italia-israele: la partita non deve essere giocata A Udi­ne il pros­si­mo 14 otto­bre è pre­vi­sta una par­ti­ta di cal­cio tra le nazio­na­li di Ita­lia e Israe­le, vali­da per...
bit.ly
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Oslo, #NorvegiaIsraele.

Dentro allo stadio, questo. Fuori dallo stadio, una grande manifestazione contro il genocidio, perché l'attenzione deve rimanere alta e le responsabilità di chi ha lo perpetrato non possono rimanere impunite.
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C'è un bisogno urgente di evolvere le politiche sulla gestione carceraria. Evoluzione che necessariamente dovrà essere in controtendenza alle politiche repressive che propone, senza nessun tipo di risultato utile, questo governo.

- Marco Dall'Asta, Possibile Reggio Emilia
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I numeri del sovraffollamento ormai sono più che noti, come noti sono i numeri delle carenze di personale degli operatori e delle metodologie di addestramento non al passo con la nuova popolazione carceraria che rispecchia la vita del mondo esterno.
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Questi ennesimi episodi che fanno salire a 120 morti per case da accertare e 67 suicidi nel 2025 raccontano una volta di più del collasso del sistema penitenziario nazionale.
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I detenuti coinvolti non erano in contatto diretto tra loro, essendo dislocati in reparti distanti, quindi di fatto non collegabili l'uno con l'altro direttamente.
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La causa del secondo decesso invece parrebbe essere un'emorragia gastrica a cui si aggiungono altri tre ricoveri per sospetta assunzione di oppiacei.
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Tocca a San Vittore, a casa Milano, finire alla ribalta questa volta. È il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria che da la notizia di due decessi e tre ricoveri: il primo morto è riconducibile all'assunzione di oppiacei che hanno causato una crisi cardiaca.
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Questa volta non si tratta di suicidi, ma del fiume di droga che circola nelle celle delle strutture detentive e dell'impossibilità da parte degli operatori di presidiare le strutture con efficienza a causa del sovraffollamento e della carenza di personale.
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Ancora una volta dobbiamo parlare di carceri e lo facciamo, purtroppo, sempre e solo quando la cronaca ci presenta la tragedia.
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“La dimenticanza è quasi una sconfitta.”

Ricordiamo Teresa Vergalli, staffetta partigiana.

La Resistenza continua.
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Oggi e ogni giorno, continuiamo a costruire un Paese dove la felicità di essere se stessi non sia più una conquista, ma una condizione garantita. Perché nessuno dovrebbe mai nascondere la propria verità per paura.
Buon #ComingOutDay a tuttə.

- Gianmarco Capogna
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Non siamo mai sbagliatə. Non lo siamo mai statə. Saremo amatə, anche se a volte ci fanno credere il contrario. Ci ameremo, prima di tutto, guardandoci allo specchio e riconoscendo il valore infinito della nostra esistenza.
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Il coming out è un atto d’amore verso sé stessə, ma anche un atto di resistenza in un mondo che non sempre accoglie. E se oggi celebriamo chi trova il coraggio di dirlo, dobbiamo anche tendere la mano a chi non può, a chi non si sente al sicuro, a chi vive ancora nell’ombra.
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… serve garantire diritti pienamente uguali per tuttə, dal matrimonio egualitario al riconoscimento delle famiglie arcobaleno, fino all’autodeterminazione delle persone trans e non binarie. Serve, in una parola, giustizia.
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Per questo serve un impegno politico e culturale profondo: non ci stancheremo mai di dire che serve educazione al rispetto nelle scuole, serve una legge contro l’omolesbobitransfobia, …
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Ma ci ricorda anche che la libertà individuale nasce dalla solidarietà collettiva: che ogni volta che una persona fa coming out e trova accoglienza, si apre un varco di luce anche per chi ancora vive nell’ombra. Perché la visibilità è la nostra rivoluzione più forte.
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Il Coming Out Day ci ricorda che dietro ogni storia c’è una persona che ha dovuto combattere contro la paura di non essere accettata, contro un sistema che spesso ti costringe al silenzio.
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Non c’è ideologia nel chiedere rispetto, non c’è propaganda nell’amare, non c’è eccesso nel desiderare di vivere in sicurezza. C’è solo umanità, e la necessità urgente di riconoscerla in tutte le sue forme.
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E mentre tutto questo accade, una parte del discorso pubblico continua a minimizzare, a negare, a strumentalizzare. Sentiamo parlare di un’ideologia-che-non-esiste, costruita ad arte per legittimare la discriminazione e colpire chi lotta per diritti e uguaglianza.
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C’è chi perde il lavoro, chi viene cacciato di casa, chi rinuncia a vivere apertamente la propria identità per paura delle conseguenze.
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Ogni giorno assistiamo a episodi di omolesbobitransfobia, a persone aggredite per strada, a insulti e derisioni normalizzati, a vite spezzate dal rifiuto o dall’odio.
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Dichiararsi significa affermare con orgoglio la propria verità, ma anche denunciare, implicitamente, quanto sia ancora difficile poterlo fare senza rischiare violenza o discriminazione.

Perché nel 2025, in Italia e nel mondo, essere se stessi non è ancora un diritto pienamente garantito.