## Epstein, la lista che non esiste e la crisi del trumpismo complottista
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“Avevo qui con me una battuta su Epstein, ma penso sia scomparsa. Probabilmente ha fatto tutto da sola. A dir la verità, non è mai nemmeno esistita”. Shane Gillis, uno degli stand-up comedian più apprezzati dal movimento MAGA, ha fatto questa battuta durante una sua performance comica. Ma in realtà riflette un momento critico del mondo ultraconservatore americano: Donald Trump non starebbe, infatti, facendo tutto il possibile per rivelare la verità sulla vicenda di Jeffrey Epstein, il milionario morto suicida in carcere, dove era in attesa di una sentenza per l’accusa di traffico sessuale di minori, nel 2019.
La cosiddetta “Epstein List”, che secondo i cospirazionisti presenterebbe i nomi di tutte le persone che si sono servite di Epstein per i loro abusi sessuali, e che nella loro idea comprenderebbe le più alte sfere delle elites democratiche, non verrà resa pubblica, in quanto non esiste. Da quando la segretaria alla Giustizia, Pam Bondi, lo ha affermato, i sostenitori del presidente sono entrati in lotta l’uno contro l’altro.
Il caso Epstein è diventato uno dei più interessanti esempi di teoria del complotto negli Stati Uniti. Secondo molti esponenti del mondo MAGA, Epstein sarebbe infatti stato assassinato, inscenando un suicidio, per evitare che rivelasse segreti scioccanti su alti esponenti del mondo del Partito democratico, tra cui i coniugi Clinton.
Questa teoria si innesta su una serie di leggende precedenti, tra cui quella del Pizzagate, esplosa durante le presidenziali del 2016: su alcuni siti internet vicini all’alt-right si scriveva che Hillary Clinton, candidata democratica contro Donald Trump, abusasse di minori nel seminterrato di una pizzeria di Washington. Questa teoria strampalata è stata una delle fondamenta del movimento QAnon, nato a partire dalle rivelazioni di un presunto funzionario governativo, che si firmava per l’appunto Q, e ripeteva che, durante il primo mandato, Trump stava combattendo contro una rete globale di pedofili che veniva protetta dal cosiddetto deep state statunitense, cioè poteri occulti inseriti all’interno dell’amministrazione pubblica.
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Non è difficile comprendere come la notizia dell’arresto di Jeffrey Epstein, che conosceva figure pubbliche come la famiglia Clinton, il principe Andrea del Regno Unito o lo stesso Donald Trump, abbia dato nelle persone che già credevano in questo complotto globale di pedofili le risposte alle loro domande: sarebbe stato Epstein a procurare i minori per le persone coinvolte in questo enorme scandalo globale, una rete di traffico sessuale per potenti miliardari che governerebbero il mondo.
Nonostante Trump fosse amico di Epstein, una modella lo avesse accusato di averla palpeggiata proprio di fronte a lui nel 1993, e come scoperto dal _Wall Street Journal_, in un album di auguri per il cinquantesimo compleanno di Epstein, Trump avesse disegnato una donna nuda e si fosse firmato (circostanza che Trump ha sempre negato), nel mondo MAGA l'attuale presidente degli Stati Uniti non è mai stato ritenuto uno dei potenziali clienti del criminale: era anzi l’eroe che avrebbe avuto bisogno di tutto il loro aiuto per sconfiggere i potenti malvagi.
Trump non ha mai cercato di discostarsi apertamente dal mondo di QAnon, ben sapendo che lì si trovava un nucleo importante di suoi potenziali votanti: nel 2020 ha detto che “sono persone che amano gli Stati Uniti, contrarie alla pedofilia, proprio come me”. Il mito di Trump come eroe arrivato al potere contro tutto e tutti, e che negli anni ha dovuto combattere contro una macchina amministrativa che voleva fare in modo di non fargli scoprire i segreti più brutti annidati nella politica americana è una narrazione che negli anni è cresciuta esponenzialmente.
Per questo, quando il presidente è tornato al potere, e ha posto a capo della FBI figure come Kash Patel e Dan Bongino, da sempre convinte dell’esistenza di una lista Epstein, i cittadini che credevano al complotto si aspettavano una totale trasparenza dell’amministrazione, e il rilascio al pubblico di tutti i documenti, che avrebbero una volta per tutte rivelato lo scandalo legato all’amministrazione democratica.
Dopo solo un mese di governo, la neo-segretaria alla giustizia Pam Bondi ha convocato a Washington alcuni influencer vicini al mondo MAGA per consegnare loro alcuni documenti relativi al caso Epstein, promettendo che ne sarebbero arrivati altri in futuro. L’evento, in cui sono stati consegnati faldoni che recavano il sottotitolo “l’amministrazione più trasparente della storia”, si è rivelato un fiasco: gli stessi influencer che hanno ricevuto i documenti hanno subito affermato che erano poco interessanti, se non addirittura copie di materiale che già possedevano. Da quel momento, l’amministrazione ha taciuto fino a una settimana fa, quando Bondi ha reso pubblica una nota in cui si affermava che Epstein si era suicidato e che non c’erano altri documenti da rilasciare, confermando di fatto la non esistenza della lista. Oltre a questo, è stato reso pubblico un lungo video della notte in cui Epstein è morto, per provare il suicidio: al file, però, mancherebbero tre minuti, e questo ha alimentato ancora di più le teorie del complotto.
La nota è stata una bomba nel mondo MAGA: la lista, infatti, avrebbe dovuto confermare le teorie dell’esistenza di una classe dominante corrotta. Nonostante Trump abbia scritto un lungo post su Truth, utilizzato per dettare la linea ai suoi sottoposti, in cui affermava che il caso Epstein fosse acqua passata e bisognava andare avanti, molti non hanno voluto cedere.
Rinunciare a questa richiesta di verità vorrebbe dire, infatti, andare contro il pilastro fondante del movimento MAGA, che sarebbe nato proprio per distruggere le elites corrotte. Persone molto vicine a Trump, considerabili di sua stretta fiducia, come l’influencer alt-right Laura Loomer e la deputata Marjorie Taylor Greene hanno definito la posizione di Trump un’inversione che non verrà accettata dai cittadini. Il podcaster di simpatie trumpiane, Theo Von, ha ripetutamente incalzato il vicepresidente Vance affinché rendesse pubblici i dettagli del caso Epstein.
Nel frattempo, al Dipartimento di Giustizia stava andando in scena una battaglia tra la segretaria alla Giustizia Pam Bondi e il vice-direttore dell’FBI Dan Bongino: quest’ultimo ha minacciato di dimettersi, in un braccio di ferro per cui sperava che Bondi venisse rimossa dall’incarico da Trump. Il presidente, però, si è schierato dalla parte della donna, portandola con lui in tribuna durante la finale del Mondiale di calcio per Club svoltasi a New York, a rimarcare la loro vicinanza, e a oggi Bongino non ha ancora dato le dimissioni. La sua posizione è diversa da quella del suo superiore, il direttore dell’FBI Kash Patel, che, nonostante sia stato uno dei teorici dell’esistenza della lista, ha negato di volersi dimettere dall’incarico, affermando che “le teorie del complotto, semplicemente, non sono mai vere”.
A modificare la posizione su Epstein, comprendendo il cambiamento di vento a livello politico, sono stati invece i democratici, che ora chiedono apertamente che tutti i documenti riguardanti il caso vengano desecretati dall’amministrazione. Il deputato californiano Ro Khanna ha preso a piene mani dalla retorica del mondo MAGA e ha accusato i repubblicani di “stare dalla parte dei ricchi e dei potenti, contro il popolo americano”. Ha poi firmato un progetto di legge insieme al repubblicano Thomas Massie, che probabilmente sarà sottoposto al voto della Camera prima della pausa dei lavori estiva, per imporre alla Casa Bianca di rilasciare tutti i file che possiede.
Il dubbio che inizia a sorgere tra chi è convinto dell’esistenza di una lista, data la vicinanza per anni di Trump a Epstein, è che in realtà l’amministrazione stia cercando di coprire il presidente stesso, evitando il rilascio di materiale compromettente: una teoria corroborata da un tweet notturno di Elon Musk, poi cancellato, durante il litigio furioso con Trump: Musk aveva affermato che file riguardanti Jeffrey Epstein non venivano resi pubblici per la presenza nella lista dello stesso Trump.
Va comunque tenuto presente che il movimento MAGA, a oggi, non incolpa direttamente il presidente del mancato rilascio dei file, ma Pam Bondi, che vorrebbero vedere rimossa dal suo incarico come segretaria alla Giustizia. In alternativa, Laura Loomer e la deputata Lauren Boebert hanno richiesto che Trump nomini un procuratore speciale per indagare sul caso: una proposta difficilmente ricevibile, dato il disprezzo del presidente per queste figure, dopo essere stato lungamente indagato da Robert Mueller per lo scandalo del RussiaGate.
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Trump continua a prendere tempo nel tentativo di spostare il discorso pubblico su temi a lui più favorevoli: negli ultimi giorni ha attaccato il governatore della California Gavin Newsom, il direttore della Fed Jerome Powell e ha persino annunciato che Coca-Cola cambierà la sua ricetta a partire da un suo suggerimento. Nulla di tutto questo ha messo a tacere un mondo conservatore sempre più determinato a ottenere la pubblicazione della lista, la cui esistenza è tutt’altro che certa.
Proprio per questo, Trump ha alla fine acconsentito a rendere pubblici alcuni nuovi materiali per tentare di porre un freno alle voci. Il presidente continua a ribadire che le persone devono credergli, in un approccio acritico e fideistico: ma mentre figure preminenti del movimento che gli ha garantito un secondo mandato alla Casa Bianca continuano a battere sul tema, questo approccio sembra aver smesso di funzionare. Come ha scritto Charlie Warzel su _The Atlantic_ , “Trump ha aiutato a creare un mostro, e ora vorrebbe che le persone lo ignorino”.
_Immagine in anteprima:frame video YouTube_
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