Quanto alla flora, essa ha quell’aria dottamente carceraria che è propria dei giardini botanici
Lasciato a scorrazzare per i suoi mondi, Sanguineti si fa poi arcade rovesciato di una Natura tutta da ridiscutere attraverso la rivelazione della sua storicizzabilità, ossia al suo essere ugualmente Libro (e anche la scienza che se ne occupa si rivelerà, necessariamente, una storiografia <180) o anche, se ci si ricorda di stare attraversando il «secolo del montaggio» <181, nella sua facile trasformazione in materiale filmico e televisivo: è il caso del dibattito sul programma _Sud e magia_ <182 del 1978, che contiene alcune delle più belle pagine sopra la prima della grandi paronomasia sanguinetiane che incontreremo, ossia «il primitivo che è il negativo» (Magia industriale, SCR 95).
Perché la vita imita l’arte, come recita il paradosso di Wilde – fonte per una volta davvero insospettabile <183, ma incontriamo anche un più prevedibile Foscolo per cui «il suo “naturel” non è quello degli altri» in _Un nostro Stendhal_ , SCR 27 – e «la geografia si trasporta al politico, e al morale» (Le parole geopolitiche, GH 82):
“Bello di natura e bello d’arte […] sono due figli, in dialettico gemellaggio, delle istituzioni e della realtà sociale: insomma, sono entrambi storia. […] Dimmi quale paesaggio ti rapisce l’anima, e ti dirò a che classe appartieni […] La fine del pittoresco naturale, e il suo esito storico, è nel paesaggio quotidiano della città” (Il bello di natura, GRN 28).
“La natura è vissuta in tante lingue e sottolingue diverse, popolo per popolo, gruppo sociale per gruppo sociale. Paese che vai, natura vissuta che ci trovi” (L’esperanto dei gesti, SCR 166).
“Dunque ancora, inventare una forma e una pratica, attraverso moduli pertinenti, legati a uno spazio dato, in un tempo dato, lì, oggi, dentro una realtà storico-sociale. Il territorio, sì. Ma il territorio come storia, come prassi umana (Elogio del laboratorio, SCR 200)”.
Dove ai più frustri proverbi – «Paese che vai…» – basta la mera sostituzione di un sinonimo per riattivarsi. Le «usanze» sono «natura vissuta».
Come ha infatti scritto Sabina Stroppa in un omaggio, per Sanguineti «cose e persone, viste e pensate, formano il vivere: non i paesaggi né quello interiore – che dall’esterno riceve forma – né quello della natura» <184. Lo può attestare in prima persona l’inviato speciale <185, e il viaggiatore in generale, il Sanguineti attento a tutti quei luoghi che in letteratura sono stati da lui chiamati, con splendida immagine, «il sogno che la città provoca» <186 (ma attenzione a farsi incantare dall’immagine, perché altra letteratura essa può egualmente risolversi, come tutto del resto, in parodia <187):
“Quanto alla flora, essa ha quell’aria dottamente carceraria che è propria dei giardini botanici, anche se travestiti: ma nel paese delle dighe si comprende che il paesaggio e la vegetazione siano tranquillamente sentiti come il risultato di un’ingegneria e di un’ingegnosità evidenti” <188 (Tra Händel e Dracula, GRN 169).
“Un paesaggio da paesi bassissimi davvero, un po’ di colori alla Ruysdael qua e là qua e là, nelle ore giuste, giusto per gli stranieri, con qualche vacca rubata a Potter” (Blu Olanda, GRN 179).
“E con tutta la scenografia intermedia della piazza teatralizzata e “arredata” veramente, lì in mezzo, con la colonna, con l’obelisco, con il monumento, con la fontana, con il giardinetto, e con tanto di fondali e di quinte […]. I nostri centri, […], sono invece, per l’appunto, “storici”. Testimonianze di un passato perduto, musei pedonali en plein aìr” (Un museo per perdoni, SCR 241).
Ma anche il Sanguineti che si occupa di affari interni. Caso molto interessante è quello del terremoto del 1980, su cui si avventano con titoli e titolacci giornalisti avversari che decidono di spostare l’emergenza civile proprio sul piano letterario; quando, come visto, non c’è soluzione di continuità tra due piani in Sanguineti, il quale combatterà la stessa battaglia per quanto riguarda l’emergenza terroristica <189.
Lo faranno anche artisti criticati altrove per la loro irrazionalità in pagina come in scena (pervertendo pure quel sanguinetiano concetto del «noi tutti» che vedremo a breve). Se leggibile, il Libro del Mondo è insomma storicizzabile, ossia razionalizzabile, ossia dominabile:
“ _Vergogna e colpa_ _un po’ per tutti_ <190, riassume già nel titolo, meglio di ogni lungo discorso, secondo quale linea […] la «questione morale», […] rivelata dal terremoto, può venire fumosamente ricoperta e deviata da coloro che sono infinitamente più responsabili. Scriveva, infatti, Giovanni Testori: «Vergogna per noi tutti. Nessuno, di nessuna categoria sociale, di nessun partito, di nessuna fede e di nessuna ideologia può illudersi d’esser salvo». […] Quel maestoso «noi», quel «noi tutti», ritorna, puntualmente, a risolvere in una insolubile colpa collettiva […] quelle responsabilità precise che attendono di essere giudicate e, proprio, accuratamente distribuite e calcolate. Per Testori, è ovvio, terremoto aiutando, «sinistra e destra» sono soltanto «parole» <191. […]. Si capisce che, due giorni dopo, sul medesimo «Corriere», al «cambio della guardia » reclamato dal Partito Comunista, Leo Valiani, invocando _Una unità nazionale senza spirito di parte_ <192 […]. Parlavo di De Amicis, la settimana scorsa <193. Questa volta è Giorgio Bocca che, a proposito del terremoto, lo riesuma positivamente […] <194. È orgoglioso, e posso capirlo, del fatto che un suo figlio sia partito per Avellino, con le squadre di soccorso. Ma gli è «passata per l’anima una reminiscenza da padre fiero di un figlio virtuoso incontrato, negli anni verdi, nel _Cuore_ ». Qui lo capisco meno” (Scribilli [2 dicembre 1980], GH 183-184)
“Già il 1755 del terremoto di Lisbona aveva segnato una svolta, e non soltanto grazie a Voltaire, nel pensiero europeo. E un segno rilevante, allora, che il nostro terremoto, in questi giorni, sia vissuto come naturalmente «irresistibile», sì, ma come socialmente resistibile, resistibilissimo, se soltanto la classe dominante, da noi, fosse ancora capace di dominare razionalmente la natura e il caso, di prevenire organizzativamente le forze non dominabili” (Diabolus Vetus, GH 188).
Per quanto anche l’eccesso di dominio possa portare, complice il tempo, a un’illusione di “naturalezza”: “Ma la democratica Industria Culturale deve e può risolversi in una cultura adeguata ai risultati industriali oggi conseguiti, scientificamente e tecnologicamente, scartando nettamente ogni pulsione nostalgica verso forme formative e informative che a molti appaiono più affabili e più umane, semplicemente perché meglio dominate, addomesticate da più lunga e sicura fruizione, ridotte dall’esperienza, per così dire, da Storia a Natura, ma proprio per questo, in ultima istanza, radicate in una visione conservatrice e subalterna del divenire sociale» ” (Cultura industriale e industria culturale, GZZ 61).
Ne consegue che il critico letterario sa bene come ogni volume fornisca quella geografia preferenziale che corrisponde alla propria selezione del reale: con civetteria, lo stesso critico è capace di proporre una delle sue tante _storie da scrivere_ da riassumere, guarda caso, sotto il titolo «Ideologia e Geografia» (Flaiano al cinema, SCR 155). Tale ricerca potrebbe sviscerare quegli episodi di «turismo romanzesco» che colorano di esotismo il tempo come lo spazio:
“Agisce, ed è primario impulso, una bovaristica spinta verso epoche esoticamente risentite come pittorescamente vitali […] in una qualche regione della storia. […] Il Portinari <195 dice di leggere _Zagranella_ nella «Biblioteca Universale Sonzogno», numero 110196 […]. Forse il Bazzoni ha sconvolto poche teste, e non ha grandi meriti di turismo romanzesco. Ma il numero 108 dell’«Universale Sonzogno» è la _Caccia alle bestie feroci_ <197 dell’Arago, con cui si compie il salto definitivo. […] L’India non è amabile per Calcutta e per l’Himalaja, le foreste aromatiche, le piantagioni gigantesche, i fiumi pieni di maestà, e nemmeno per le bajadere compiacenti […]. L’India è amabile per le tigri, i leoni, l’uragano, il tetano, il colera, che decimano le popolazioni, spopolano le città” (Le parabole del Bazzoni, GRS 54-55).
“La geografia è tutta datata, e fa tenerezza: Cascate del Niagara, Polo Nord, Gulf Stream, Mare dei Sargassi […]. Il tempo è il 2003 […] fabbricato a mano con elementare e ingenua proiezione, in gigantografia, sopra il 1907 di partenza” (Raffreddare gli anarchici, GRS 99).
Al «Mondo come Cliché» <198 – di cui abbiamo appena avuto un esempio nel 2003-1907 appena visto: dove il mondo _sarà_ sempre il mondo, senza alcuna oggettività nella previsione: insomma, sempre _il potere all’immaginazione_ – va dunque ad affiancarsi un’altra degenerazione del Mondo come Libro, se «il Mondo è una Guida Turistica» (Blu Olanda, GRN 177) e «un Bignami» e se la «Guida Blu e la Michelin» (Ivi, 178) agiscono «trasformando il mondo». E se l’Italia è quella non solo letterariamente bassaniana di Italia Nostra <199 (ancora da parodizzare in un titolo di poesia futuro <200):
“La tutela del paesaggio è […] alla sola contemplazione di lusso, arcaicamente preindustriale […] Dove si vede che non tutta la guerra contro la speculazione edilizia e profitti similarmente inquietanti ha basi correttamente progressive. […] Con tutta la bontà accertata delle argomentazioni ecologiche d’oggi, esiste certamente una forte dose di razionalizzazione parascientifica, intesa a coprire gli impulsi non sempre confessabili di base: il sogno di un mondo organizzato come parco nazionale o museo naturale, magari all’insegna di «Italia Nostra» […]. Le bellezze del buon tempo antico possono salvarsi, ove si desideri, a condizione di opportuno recintamento sotto vetro […] al modo di reliquie memoriali, e insomma, per dire tutto, come illustri e venerabili rovine” (Il bello di natura, GRN 27).
[NOTE]
180 «Esiste la possibilità, nell’ambito delle scienze naturali, di conservarne un insegnamento che non possegga una dimensione storica come dimensione dominante?» chiede infatti al suo anonimo intervistatore Sanguineti in Nella mischia, GRS 91. Ma più avanti si arriverà anche a chiedere: «È possibile, oggi, una filosofia della storia? È possibile, dirò meglio, oggi, una filosofia, che non sia una filosofia della storia?» (Diabolus Vetus, GH 187). Cfr. anche Scienza e realismo, SCR 18-19: «Non so, infatti, se la “storia della natura” si presenti, al ricercatore scientifico, come mero modello utopico, […]: ma so per certo che, al ricercatore storico, nelle “scienze umane”, come modello utopico dominante, ossia proprio delle classi dominanti, viene suggerito, e in qualche modo imposto, quello […] della “natura della storia” […]. La scelta ideologica di base, in fondo, è tutta qui: naturalità della storia o storicità della natura».
181 Cfr. supra, p. 22.
182 Per cui rimandiamo al VIII dell’Indice dei dibattiti.
183 Cfr. OSCAR WILDE, The Decay of Lying – An Observation, in IDEM, Intentions, Osgood McIlvaine & Co, London 1891; Sanguineti ritorna tre volte su esso nel Giornalino: per cui cfr. Ercole simbionte, GRN 17; Il bello di natura, GRN 26; Nudità punitiva, GRN 153. Cfr. anche, senza citazione diretta della fonte, L’ebbrezza e la cuccagna, GRS 257, I modelli eterodiretti, SCR 66; Flaiano al cinema, SCR 156 e Eroi dell’intelletto, SCR 170.
184 SABINA STROPPA, Sanguineti, o del ritmo, in Album Sanguineti, cit., pp. 185-191, in particolare p. 190.
185 Cfr. in particolare le corrispondenze dall’Olanda (paese, tra l’altro, che prima dell’Italia ha voluto mettere in scena le Storie naturali) in Tra Händel e Dracula; 700, 400, 125; Adam in A’dam e Blu Olanda uscite su «Paese Sera» e il «Giorno» dal 22 maggio al 14 giugno 1975.
186 Cfr. EDOARDO SANGUINETI, Andare al passo nel parco, in IDEM, Ideologia e linguaggio, cit., pp. 157-161, in particolare p. 157, dove il parco è anche «museo» (Ivi, p. 159) «biblioteca» e «possibile […] genere letterario» (Ivi, p.158).
187 Cfr. almeno «quella parodia di natura che è il Jardin du Luxembourg, presso Nerval» (Il bello di natura, GRN 28).
188 Non solo nella cartina fisica, ma anche in quella politica, per cui il paesaggio urbano olandese è davvero retto alla radice dalla storia: «Una città, in questa nazione […] è un ente giuridico, storicamente garantito, e si definisce, con databili certezze, a partire dal giorno in cui si diploma come urbs. A metropoli può toccare di sopravvivere oggi ancora, per inavvertenza storica, come un modesto pagus» (700, 400, 125, GRN 172).
189 Cfr. La vita buona, in cui si risponde a CLAUDIO MAGRIS, Con i versi di Dante non si vince il terrorismo, in «Corriere della Sera», 7 agosto 1981, p. 1.
190 Cfr. GIOVANNI TESTORI, Vergogna e colpa un po’ per tutti, in «Corriere della Sera», 26 novembre 1980, p. 2.
191 Davvero niente di più antisanguinetiano. Si veda almeno la risposta di Sanguineti all’inchiesta Qua la Destra!, dice Stalin a Nietzsche, a cura di RITA TRIPODI, in «l’Espresso», XXV, 25, 24 giugno 1979, pp. 66-76 (per la lista degli intervenuti rimandiamo alla catalogazione Articoli di Sinistra e destra non sono «aggettivi» [353]), il successivo Trasformazione e trasformismo che riflette sulle altre risposte, e Una citazione,, GZZ 232-233: «Sono uno di quei tipi […] che quando usa il termine «borghese» non lo mette tra virgolette, a meno che il senso non lo esiga. Sono di quelli, insomma, ostinati, che credono che «borghesia» e «proletariato», con alquanti altri importanti vocaboli, che adesso esigono le virgolette soltanto perché vogliono essere rilevati come concetti (dico «capitalismo», poniamo, «imperialismo», «forza-lavoro», ecc. ecc.), non siano affatto poveri flatus vocis e nomi vani, ma enti piuttosto consistenti, e categorie storiche alquanto determinate e concrete».
192 Cfr. LEO VALIANI, Una unità nazionale senza spirito di parte, in «Corriere della Sera», 28 novembre 1980, p. 1.
193 Cfr. Scribilli [26 novembre 1980].
194 Cfr. GIORGIO BOCCA, Il terremoto, in «la Repubblica», 26 novembre 1980, p. 6.
195 Cfr. FOLCO PORTINARI, Le parabole del reale. Romanzi italiani dell’Ottocento, Einaudi, Torino 1976.
196 GIAMBATTISTA BAZZONI, Zagranella, o una pitocca del 1500, Sonzogno, Milano 1884.
197 GIACOMO ARAGO, Caccia alle bestie feroci, Sonzogno, Milano 1884. Si noti nuovamente, in questi due ultimi esempi, l’importanza del «discorso di collana» (su cui cfr. la nota precedente).
198 Cfr. supra, p. 35. Si veda sempre la «retrofantascienza» di Salgari per cui si appongono naturalistiche «glosse opportune, inevitabilmente condite dai «come si sa» e dai «come ognuno sa». così, il giovinetto, ad un tempo, apprendesi le utili nozioni essenziali, e apprende ancora che già avrebbe dovuto apprenderle da sempre» (Raffreddare gli anarchici, GRS 99).
199 Per altre frecciate sanguinetiane (di nuovo a breve distanza) all’organizzazione fondata e in quegli anni diretta dallo storico avversario cfr. Il super-kitsch costante, GRN 132; Usate sistema Baudelaire, GRN 161. Cfr. anche Il «vaudeville» tragico, GRS 312. A lato: una sanguinetiana storia da scrivere di quelle che analizzeremo nel terzo capitolo potrebbe ben concentrarsi sul dato necrofilo della natura bassaniana, dal Lazio-necropoli dei Finzi-Contini all’epifania negativa in vetrina de L’airone.
200 Cfr. EDOARDO SANGUINETI, Italia nostra, in IDEM, Il gatto lupesco, cit., pp. 225-226.
**Dario Gattiglia** , «In compendiosa forma di contratto mugugno». Giornalini, scribilli, ghirigori, gazzettini e altre piccole tattiche quotidiane, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Genova, Anno Accademico 2023-2024
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