AstronautiNEWS – Le notizie in diretta dallo spazio
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PLATO sbarca all’ESTEC
_La sondaPLATO è arrivata a Noordwijk, nei Paesi Bassi, all'ESTEC nel centro tecnologico dell'Agenzia spaziale europea. Qui nelle prossime settimane gli ingegneri completeranno l'integrazione del telescopio spaziale con la connessione dei pannelli fotovoltaici e dello scudo termico. Infine svolgeranno una serie di prove critiche che decreteranno che PLATO è pronto alla sua missione di ricerca di esopianeti terrestri in zone abitabili di stelle simili al nostro Sole._ In questa immagine del 1 settembre 2025, è possibile osservare l'imbarcazione con a bordo il telescopio spaziale europeo PLATO mentre naviga lungo un canale per raggiungere Katwijk. Crediti: ESA-SJM Photography Le due parti principali del satellite, il carico utile e il modulo di servizio, sono state unite recentemente nella la camera bianca di OHB a Oberpfaffenhofen, in Germania. Successivamente, lo scorso 1o settembre PLATO è arrivato nei Paesi Bassi in nave dalla Germania, percorrendo il fiume Reno ormeggiando a pochi chilometri dall'ESTEC. Dal molo di attracco, con un trasporto speciale e con estrema cautela, il telescopio europeo è stato trasferito nella camera bianca. Nel corso delle prossime settimane, come detto, verrà completato il montaggio delle due parti finali, lo scudo termico e i pannelli fotovoltaici e di seguito sarà possibile iniziare la fase di verifica che comprenderà test acustici e vibrazionali. Sempre l'1 settembre 2005, PLATO è arrivato a Katwijk con la barca. Da qui è stato prelevato da un camion che lo ha trasportato nella camera bianca dell'ESTEC. Crediti: ESA-SJM Photography Al termine di queste operazioni, il telescopio verrà collocato nel _Large Space Simulator_ dell'ESTEC, la più grande camera termovuoto d'Europa, per verificare che esso sia in grado di affrontare il vuoto e le temperature estreme dell'ambiente cosmico. Il nome PLATO, oltre a derivare dall'acronimo di _PLAnetary Transits and Oscillations of stars_ , rimanda anche al filosofo classico greco Platone, il quale fece, fra le altre cose, degli studi su una ipotetica legge fisica che rendesse conto dell'orbita dei pianeti (stelle erranti) e in grado di soddisfare i bisogni filosofici di “uniformità” e “regolarità”. Sarà un Ariane 62 a mandare in orbita questa importante missione nel dicembre 2026. Il satellite verrà collocato attorno al Punto Lagrangiano L2 del sistema Sole-Terra: in una posizione distante 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, esterna all'asse di congiunzione del nostro pianeta col Sole. PLATO viene delicatamente scaricato dal suo container per essere trasportato nella camera bianca del centro ESTEC di Noordwijk. Crediti: ESA-SJM Photography Per eseguire il suo compito, il telescopio è stato dotato di 26 fotocamere molto sensibili progettate per catturare le più lievi variazioni nell'intensità della luce di una stella. Quando i pianeti passano di fronte alle proprie stelle, essi affievoliscono la luce dell'astro che ci raggiunge. Analizzando questo effetto di attenuazione, PLATO può trovare dei nuovi esopianeti. L'obiettivo della missione è scoprire pianeti che orbitano attorno a stelle simili al nostro Sole nella cosiddetta zona abitabile, ovvero quella fascia orbitale attorno all'astro dove la temperatura è perfetta per la presenza di acqua liquida sulla superficie di un pianeta. Questi pianeti impiegano diversi mesi per compiere un'orbita a causa della loro posizione: né troppo vicina, né troppo lontana dalla loro stella. Per catturare le tenui variazioni di luminosità, i 26 occhi di PLATO dovranno fissare la stessa regione del cielo ininterrottamente per un minimo di due anni. Così facendo, il satellite aiuterà gli astronomi a misurare le dimensioni, le masse e le età delle stelle con un precisione mai raggiunta prima e per delle zone di cielo molto più grandi di quelle studiate finora. L'esopianeta, transitando davanti alla propria stella, causa un lievissimo calo nella luce proveniente da essa e che viene ricevuta dall'osservatore, in questo caso PLATO. Il transito si ripete con intervalli legati al periodo orbitale del pianeta. Crediti: ESA Dalla sua orbita, il telescopio europeo analizzerà oltre 200.000 stelle durante la missione nominale e potrà dirci se l'ambiente che possiamo apprezzare qui sulla Terra, può esistere anche da qualche altra parte nella nostra galassia. PLATO avrà una massa al decollo di circa 2.300 kg con delle dimensioni di 3,5 x 3,1 x 3,7 metri quando sarà ripiegato nell'ogiva dell'Ariane 6. Una volta aperti, i suoi pannelli fotovoltaici avranno un'estensione lineare di nove metri, con una superficie totale di circa 30 m2. La durata nominale della sua missione è di quattro anni, con possibili estensioni fino a otto anni e mezzo complessivi. La strumentazione scientifica di PLATO, le fotocamere e nelle relative unità elettroniche, è il frutto di una collaborazione fra ESA e il _PLATO Mission Consortium_, composto da vari centri di ricerca europei, da istituti e da aziende, il quale è guidato dall'agenzia spaziale tedesca (DLR). Il satellite è costruito ed assemblato dal _PLATO Core Team_ guidato da OHB assieme a Thales Alenia Space e Beyond Gravity. Fonte: ESA
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September 13, 2025 at 9:51 AM
Aggiornamenti dal sistema solare: agosto 2025
Ad agosto le sonde spaziali in giro per il sistema solare non vanno in ferie, anzi. Alcune, come Psyche, provano gli strumenti di cui si serviranno durante la fase principale della missione. Altre, come JUICE, sorvolano pianeti per guadagnare energia e raggiungere più efficacemente la meta designata. Altre ancora, come New Horizons, vengono messe in ibernazione per risparmiare risorse oppure, come Juno, si preparano al gran finale. Di seguito il dettaglio delle varie missioni attive e di quelle in fase di preparazione. ## In preparazione per il lancio La lista delle prossime missioni interplanetarie è davvero scarna. Tra le poche in preparazione, la prima a partire potrebbe essere **EscaPADE**  (NASA). Nei prossimi mesi, la sonda sarà pronta ad andare in orbita con un razzo New Glenn, di Blue Origin. Tuttavia dovrà attendere l'apertura della finestra di lancio ottimale per Marte, che si verificherà solo alla fine del 2026. Al momento non è stata rilasciata nessuna data possibile per il lancio. ### Nel sistema solare interno Al momento sono tre le missioni dedicate allo studio dell'eliofisica. Tra di esse **Parker Solar Probe** (NASA), in particolare, e **Solar Orbiter** (SolO, ESA) sono le sonde che osservano più da vicino il Sole. Di recente entrambe hanno permesso di studiare i fenomeni legati ai brillamenti solari e alle espulsioni di massa coronale (CME), accrescendo la comprensione della nostra stella. La terza missione del gruppo è **STEREO A** (NASA), che invece condivide l'orbita terrestre e prosegue da qui l'attività di ricerca. Sempre nel sistema solare interno, altre missioni sono invece in viaggio verso il loro prossimo (per alcune il primo) obiettivo. La missione **Hera** dell’ESA ha compiuto un passo importante lungo la strada che la porterà verso l'asteroide _Didymos_ e il suo satellite _Dimorphos_. La sonda ha infatti utilizzato per la prima volta la sua _Asteroid Framing Camera_ , catturando alcune immagini degli asteroidi _Otero_ , lo scorso maggio, e _Kellyday_ , a luglio. Queste osservazioni, rese complesse dalla debole luminosità e dalla distanza dei corpi rocciosi, hanno permesso di collaudare con successo la strumentazione di bordo e di testare la rapidità operativa della sonda nello spazio profondo. Le lezioni apprese da queste manovre saranno fondamentali per la preparazione all’incontro con il suo obiettivo principale nel 2026. In viaggio, insieme alla sonda principale, ci sono anche due piccoli CubeSat, **Milani** _ _ e **Juventas**. https://youtu.be/NBv3JdnlBIw?feature=shared Nel corso dell’ultimo anno, la missione OSIRIS-REx (che ora è stata estesa col nome di **OSIRIS-APEX**) della NASA ha portato alla luce nuovi dettagli sull’asteroide _Bennu_ , grazie all’analisi dei campioni raccolti nel 2020. Gli studi rivelano che Bennu è composto da una miscela di polveri del sistema solare, materiale organico di origine interstellare e antichi granelli di polvere pre-solare, profondamente trasformati nel tempo da reazioni con l’acqua e dall’esposizione all’ambiente cosmico. La sonda è ora diretta verso il suo prossimo obiettivo, l'asteroide _Apophis_. Un po' più verso l'interno del sistema solare, **BepiColombo** (ESA/JAXA) sta aspettando che la propria orbita la porti nelle vicinanze di Mercurio nel 2026, anno in cui tenterà l’immissione in orbita intorno al primo pianeta del sistema solare. **Hayabusa 2# **(JAXA) ha come prossimo obiettivo l’asteroide _Torifune_. Infine **Tianwen-2** (CNSA), partita lo scorso maggio, procede senza problemi verso l’asteroide _469219 Kamoʻoalewa_ e la cometa _311P/PANSTARRS_. ### La flotta marziana Pochi aggiornamenti ad agosto per le sette sonde che al momento orbitano attorno al pianeta Marte. Si tratta di Mars Odyssey, **Mars Reconnaissance Orbiter**  e **MAVEN** (NASA), **Mars Express** (ESA), **Trace Gas Orbiter** (ESA/Roskosmos), **Tianwen-1** (CNSA) e **Al-Amal** (MBRSC). Sulla superficie del pianeta rosso, siamo invece giunti al sol numero 1.621 per **Perseverance** (NASA). Il rover prosegue l'esplorazione del bordo del cratere Jezero, dove ha recentemente raggiunto il _Soroya Ridge_ , una formazione rocciosa chiara e sopraelevata individuata dalle immagini orbitali. Gli strumenti di bordo hanno raccolto dati sulle caratteristiche superficiali e sulla composizione chimica della roccia, mentre le condizioni ambientali venivano monitorate costantemente. Perseverance ha finora percorso complessivamente 37,2 km. Immagine ripresa da Perseverance dalla cima del Soroya Ridge utilizzando la Navigation Camera (Navcam) di sinistra. L'immagine è stata acquisita il 17 agosto 2025 (Sol 1597). Credit: NASA/JPL-Caltech È invece il sol 4.655 per l’altro rover ancora attivo su Marte, **Curiosity** (NASA), che continua l’esplorazione del cratere _Gale_  e del monte _Sharp_ , sulle cui pendici ha ormai percorso 35,8 km. In particolare, nella seconda parte di agosto il rover sta esplorando il gruppo di creste e cavità denominato _boxwork_ , così chiamato perché ricorda le strutture a reticolo ("boxwork" in inglese, appunto) osservate in alcune grotte terrestri. Ad agosto, Curiosity ha anche festeggiato i 13 anni sulla superficie del pianeta rosso. ### Nel sistema solare esterno La sonda **Lucy** (NASA) sta viaggiando per il sistema solare, diretta verso gli asteroidi Greci e Troiani di Giove. Dopo aver già visitato gli asteroidi (152830) _Dinkinesh_  e (52246) _Donaldjohanson_ , entrambi della fascia principale, adesso dovremo aspettare altri due anni prima che Lucy raggiunga i suoi prossimi obiettivi, gli asteroidi Greci _Eurybates_ e _Polymele_ insieme ai loro piccoli satelliti. **Psyche** (NASA) è invece diretta verso l’omonimo asteroide metallico della fascia principale, che raggiungerà nel 2029. Lo scorso luglio, la sonda ha calibrato la sua fotocamera multispettrale catturando immagini della Terra e della Luna da una distanza di circa 290 milioni di chilometri, dimostrando la capacità di osservare corpi celesti con grande precisione. Lo strumento sarà fondamentale per studiare la composizione superficiale dell’asteroide _Psyche_ , contribuendo alla comprensione dell’origine dei pianeti rocciosi con nucleo metallico. Ad agosto si è anche conclusa la campagna di comunicazione ottica condotta dall’ESA, con quattro collegamenti laser tra la sonda e due osservatori terrestri in Grecia, culminati nella ricezione di un video inviato da oltre 300 milioni di chilometri di distanza. La Terra e la Luna da viste dalla sonda della NASA Psyche dalla distanza di circa 290 milioni di chilometri, a luglio del 2025. Credit: NASA/JPL-Caltech/ASU. Mese intenso, quello di agosto, per la sonda europea **JUICE**, in viaggio per raggiungere il sistema di Giove, e in particolare il satellite Ganimede. La sonda ha infatti superato con successo il flyby di Venere il 31 agosto, passando a poco più di 5.000 km dalla superficie del pianeta e ricevendo una spinta gravitazionale fondamentale per il suo viaggio verso Giove, che raggiungerà nel 2031. L’operazione è avvenuta dopo un blackout delle comunicazioni che aveva preoccupato il centro di controllo ESA. Tuttavia il problema è stato risolto, grazie all’invio di comandi di emergenza e a un controllo completo dei sistemi, che ha individuato un bug nel software del timer dell’amplificatore del segnale. Gli ingegneri ESA e Airbus stanno ora lavorando per evitare che ciò si ripresenti in futuro. Anche **Europa Clipper** (NASA) è in viaggio verso Giove, che raggiungerà nel 2030 per studiare da vicino, in particolare, il satellite Europa. La sonda **Juno** (NASA) è invece in orbita intorno a Giove da molti anni. Lo scorso 15 agosto ha portato a termine il sorvolo ravvicinato PJ75 del pianeta gigante, che potrebbe essere anche il penultimo. Nonostante ci siano state richieste ufficiali di dirottare Juno verso l'oggetto interstellare 3I/Atlas (non ha comunque abbastanza propellente, anche volendo), la missione dovrebbe concludersi il prossimo 17 settembre, al sorvolo PJ76. Tuttavia non sono stati ancora annunciati i dettagli, quindi non è esclusa la possibilità che venga estesa ulteriormente. Di certo, Juno uscirà di scena con un tuffo all'interno dell'atmosfera del gigante gassoso. Ormai diretta fuori dal sistema solare **New Horizons** (NASA) è attualmente a 62 UA dalla Terra. Per risparmiare risorse e attendere decisioni su possibili nuovi obiettivi, il 7 agosto la sonda ha cominciato il periodo di ibernazione più lungo dall'inizio della missione. Il risveglio è previsto per fine giugno 2026, superando quindi il precedente record di 273 giorni. Anche durante questa fase in risparmio energetico, comunque, gli strumenti di bordo saranno attivati di tanto in tanto per continuare a effettuare misure nella fascia di Kuiper. I dati verranno poi trasmessi a Terra al momento del risveglio. Anche **Voyager 1** e **Voyager**  **2**  proseguono il loro viaggio di allontanamento dal sistema solare, rispettivamente, a circa 168 e 140 UA dalla Terra. ### Riassunto missioni Evoluzione della posizione delle sonde del sistema solare nel mese di agosto 2025. Credit: ISAA/P. Portaluri Gli aggiornamenti per questo mese sono giunti al termine, continuate a seguirci e ci risentiamo il prossimo mese con gli aggiornamenti dal sistema solare!
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September 11, 2025 at 9:49 AM
La tecnologia a raggi X per la salute e la sicurezza degli astronauti
Nel pianificare l'esplorazione della Luna, di Marte e degli altri oggetti del sistema solare, è necessario prendere in considerazione anche le particolari problematiche legate per esempio alla latenza delle comunicazioni e alle limitate possibilità di fare un rientro d'emergenza sulla Terra. Sono principalmente questi due fattori che hanno il maggior impatto sulla capacità di gestione della salute dei membri dell'equipaggio, da parte del staff medico a supporto della missione. Gli astronauti avranno la necessità di fare affidamento su tecnologie non invasive di _imaging,_ per la diagnosi di problemi sanitari come le fratture ossee o le urgenze dentistiche. A questo proposito, un gruppo di ricercatori della NASA del Glenn Research Center di Cleveland, sta testando dei sistemi portatili commerciali per radiografie, da utilizzare nelle missioni spaziali a lunga durata del futuro. Poter disporre di sistemi a raggi X portatili a bordo di un'astronave o di un avamposto abitato, permetterebbe agli astronauti di rilevare immediatamente l'eventuale problema medico oppure di identificare un guasto senza dover necessariamente smontare un'apparecchiatura. I ricercatori osservano delle immagini a raggi X di una ruota di rover in lega metallica a memoria di forma, presso il _Glenn Research Center_ di Cleveland il 21 marzo 2025. Credit: NASA/Sara Lowthian-Hanna «Le innovazioni tecnologiche come quelle delle apparecchiature portatili per i raggi X, saranno di aiuto per mantenere i nostri astronauti in salute mentre stiamo esplorando le profondità dello spazio come mai fatto prima», ha commentato Sean Duffy, amministratore _ad interim_ della NASA. «Le future missioni verso la Luna e Marte saranno più sicure grazie alle ricerche dei nostri scienziati del Glenn Research Center». Il gruppo di ricerca ha passato in rassegna oltre 200 sistemi attualmente in commercio, analizzandone le dimensioni, il peso, la qualità dell'immagine, la facilità di utilizzo, il costo e la sicurezza, scegliendone infine tre, MinXray, Remedi e Fujifilm per ulteriori prove. «Stiamo lavorando anche per dimostrare perché un sistema portatile a raggi X debba essere incluso nelle dotazioni tecnologiche per le future missioni di esplorazione spaziale», ha spiegato il Dr. Chase Haddix, l'ingegnere biomedico a contratto per l'Universities Space Research Association del centro Glenn della NASA. «Queste apparecchiature potrebbero essere usate sia per le diagnosi cliniche che per quelle non cliniche; ovvero esse potrebbero effettuare degli esami sui corpi degli astronauti oppure potrebbero identificare la posizione di uno strappo nella tuta di un astronauta». I ricercatori riprendono immagini a raggi X di una tuta spaziale alla ricerca di potenziali difetti. Credit: NASA/Sara Lowthian-Hanna Il centro Glenn sta collaborando con altri centri dell'ente spaziale statunitense, fra cui il Johnson Space Center di Houston, Texas, il Langley Research Center di Hampton, Virginia, e con gli esperti di radiografia dell' University Hospitals di Cleveland e del Cuyahoga Community College sempre di Cleveland. Il Cuyahoga Community College ha fornito dei manichini anatomici, che altro non sono che modelli realistici del corpo umano, presso il suo laboratorio di radiografia nel Western Campus e presso il centro clinico di igiene dentale del Metropolitan Campus. Docenti e studenti si sono consultati con i ricercatori della NASA sui principi essenziali dell'_imaging_ , incluso il posizionamento del paziente, l'acquisizione delle immagini e la loro qualità. University Hospitals sta collaborando con la NASA su uno studio medico con pazienti reali, per comparare le prestazioni dei sistemi portatili a raggi X con gli equipaggiamenti ospedalieri attualmente in uso, con particolare attenzione alla fruibilità, alla nitidezza delle immagini e all'accuratezza diagnostica. «Gli astronauti vivono e lavorano in spazi ristretti e decisamente più piccoli di quelli di un ospedale», ha affermato Haddix. «Inoltre il sistema deve essere facile da usare, visto che gli astronauti potrebbero non essere esperti di tecniche radiologiche. Tutti i dati raccolti da questi test guideranno la selezione del sistema più adatto per le missioni spaziali del futuro». L'impiego di apparecchiature portatili per l'imaging a raggi X, al fine di migliorare l'assistenza sanitaria in aree difficilmente accessibili, come i campi base in Nepal, e remoti villaggi del Sudafrica, non è una novità. Gli scienziati del Centro Glenn della NASA continueranno a raccogliere dati da tutti i propri collaboratori, inclusi quelli provenienti da un sistema a raggi X fornito da SpaceX lanciato ad aprile con la missione privata Fram2. Nel corso di questa missione durata quattro giorni, l'equipaggio ha catturato le prime immagini a raggi X nello spazio di parti del corpo umano. Durante la missione spaziale privata Fram2 svoltasi in principio di aprile 2025, l'equipaggio ha eseguito per la prima volta nella storia una vera e propria radiografia nello spazio. La prima radiografia della storia in assoluto venne fatta nel 1895 da Wilhelm Röntgen alla mano di sua moglie; in questa composizione fotografica è stata messa a sinistra la storica immagine ottenuta dal fisico tedesco e a destra la replica, altrettanto storica, ottenuta dagli astronauti della missione Fram2. Credit: X/Rabea Rogge/SpaceX https://x.com/rprogge/status/1912578636760183121/photo/3 La NASA prevede di selezionare il dispositivo idoneo verso la fine di quest'anno, e di testarlo a bordo della Stazione Spaziale Internazionale nel 2026 o agli inizi del 2027. Il Mars Campaign Office del quartier generale della NASA di Washington e l'Human Research Program del Centro Johnson, finanziano queste ricerche in quanto entrambe le organizzazioni si concentrano sulla realizzazione di tecnologie e metodi per supportare i viaggi spaziali abitati sicuri e produttivi. Fonte: NASA
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September 9, 2025 at 9:44 AM
Il satellite NISAR è pronto per iniziare le operazioni scientifiche
Il team di missione che gestisce le operazioni del satellite NISAR, ha annunciato che ha completato con successo tutte le procedure preliminari necessarie per verificare il corretto funzionamento della strumentazione di bordo. Lanciato il 30 luglio 2025, NISAR è frutto di una collaborazione tra le agenzie spaziali degli Stati Uniti (NASA) e dell'India (ISRO). Il satellite, progettato per monitorare il movimento dei ghiacci e i cambiamenti della vegetazione sulla superficie terrestre tramite immagini radar, ha concluso con successo il collaudo dei propri sistemi in volo. In particolare, sono stati attivati correttamente i due strumenti principali: i SAR (_Synthetic Aperture Radar_) in banda L e S, che raccoglieranno informazioni sulla mutazione delle foreste, del suolo e dei ghiacci, oltre che sull'evolversi della geomorfologia della superficie terrestre. Il 15 agosto scorso il satellite ha dispiegato il suo grande riflettore radar da 12 metri a supporto dei sistemi in banda L e S. Alcuni giorni più tardi, il 26 agosto i controllori di volo hanno inviato i comandi per collocare NISAR nella sua orbita operativa, da cui avrà inizio l'attività scientifica. Immagine artistica del satellite NISAR in orbita attorno alla Terra. Crediti: NASA Se da un lato si attende l’arrivo delle prime immagini ad alta risoluzione nei prossimi giorni, dall’altro sarà necessario pazientare ancora un paio di mesi prima che la fase scientifica entri nel vivo delle operazioni (le tempistiche previste sono circa 90 giorni dopo il lancio). ### **I radar** NISAR è il risultato di anni di collaborazione tecnica tra statunitensi e indiani. Da questo deriva la particolarità di questa missione, unica nel suo genere: porta con sé ben due sistemi SAR contemporaneamente. Il primo è il radar in banda L, uno strumento che trasmette e riceve immagini con lunghezza d’onda di 24 centimetri. Questa caratteristica è particolarmente utile per osservare vaste foreste e aree di vegetazione, oltre che i movimenti dei ghiacci e del suolo. Lo sviluppo e le operazioni di questo strumento sono a cura del JPL (_Jet Propulsion Laboratory_) della NASA, situato nella California meridionale. Il Jet Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena. Crediti: JPL/NASA Gli scienziati e ingegneri statunitensi controllano, oltre al radar in banda L, anche il riflettore, il sistema per la trasmissione ad alta velocità dei dati scientifici, un registratore di dati e un altro sistema di raccolta informazioni. Inoltre, tramite la Near Space Network, gestita dal Goddard Space Flight Center di Greenbelt, nel Maryland, la NASA raccoglierà i dati inviati dal proprio radar. Responsabile del radar in banda S è invece l’ISRO. Questo strumento, che opera a una lunghezza d’onda inferiore (circa 10 cm) rispetto al compagno, è progettato per acquisire informazioni sulla piccola vegetazione, sull’agricoltura e sull’umidità della neve. Oltre al controllo di questo radar, l’ISRO ha fornito anche i servizi di lancio tramite il Satish Dhawan Space Centre, lo spazioporto indiano situato Sriharikota. Molte delle operazioni chiave successive al lancio sono inoltre monitorate dal sistema di stazioni a terra della ISRO Telemetry, Tracking and Command Network. Il satellite così equipaggiato eseguirà un monitoraggio completo della Terra due volte ogni 12 giorni, riuscendo a rilevare cambiamenti del suolo dell’ordine di frazioni di centimetro, con l’obiettivo, tra gli altri, di comprendere le modifiche del terreno causate dai terremoti. Fonte: NASA
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September 8, 2025 at 9:49 AM
Arrivati i primi dati scientifici da METOP-SGA1
A meno di tre settimane dal lancio di MetOp-SG-A1, questo straordinario satellite ha già iniziato a trasmettere dati da due dei suoi strumenti scientifici, offrendo un'intrigante anticipazione di ciò che ci aspetta nella fase operativa della missione. Lanciato il 13 agosto a bordo di un razzo Ariane 6 dallo spazioporto europeo nella Guyana francese, Eumetsat sta attualmente sottoponendo MetOp-SG-A1 a una rigorosa fase di calibrazione e messa in servizio. Con l'aumento della frequenza di eventi meteorologici estremi e imprevedibili, previsioni precise e tempestive non sono mai state così importanti. Operando dall'orbita polare, i satelliti MetOp-SG forniranno i dati essenziali necessari per rafforzare i modelli di previsione meteorologica e approfondire la nostra comprensione del clima terrestre in continua evoluzione. ### Prime immagini da MWS MWS si basa sull'esperienza acquisita nella costruzione di strumenti simili (MSU, AMSU-A, AMSU-B, MHS, ATMS, ecc.), ma include anche nuovi canali di sondaggio/superficie mai osservati prima dallo spazio, ovvero tra i 53 e 54 GHz per il sondaggio della troposfera inferiore, e un nuovo canale a 229 GHz per una migliore rilevazione delle nubi di ghiaccio. https://www.youtube.com/watch?v=1hhIrXyCF8U MWS (MicroWave Sounder) è un radiometro a microonde che ha l'obiettivo primario di fornire informazioni sui profili di temperatura e umidità in aree serene e nuvolose, su nubi liquide e ghiacciate, nonché su alcuni parametri della superficie terrestre come temperatura ed emissività. Fornisce misurazioni su 24 canali, tra 23,8 e 229 GHz, con 14 canali situati nella banda dell'ossigeno 50-60 GHz e cinque attorno alla linea del vapore acqueo 183,31 GHz. Il sistema MWS fornisce profili di temperatura e umidità. Combina l'Advanced Microwave Sounding Unit-A (AMSU-A1 e AMSU-A2) e il Microwave Humidity Sound (MHS) originali di MetOp in un unico strumento ad antenna con nuovi canali per il rilevamento di temperatura, umidità e nubi di ghiaccio. La risoluzione orizzontale dei canali di rilevamento della temperatura è migliorata da circa 48 km a 20 km al nadir. Gli obiettivi di MWS sono il supporto alle previsioni meteorologiche (NWP – Numerical Weather Prediction) su scala regionale e globale, attraverso la fornitura di misure di radianza spettrale che contengano informazioni su: * Profili di temperatura atmosferica in aria limpida e nuvolosa; * Profili di umidità atmosferica in aria limpida e nuvolosa; * Contenuto della colonna d'acqua liquida nelle nubi (dimensione delle gocce < 100 µm). Crediti: Eumetsat Questa straordinaria immagine è stata ottenuta dai dati acquisiti per 24 ore lo scorso 24 agosto, attraverso il solo canale 17 di MWS. Oltre alle proprietà della superficie terrestre, questo canale è sensibile anche alle nubi convettive, mostrate come vari filamenti e strutture a bande sugli oceani. Ad esempio, il vortice rosso visibile nel Nord Atlantico riflette il profondo sistema di nubi convettive dell'ex uragano Erin. Crediti: Eumetsat Questa seconda immagine tratta dal Canale 2 di MWS mostra chiaramente una fascia di "temperature di luminosità" estive (in gradi Kelvin) su terraferma e oceano in Europa. In realtà, le informazioni provenienti dai 24 diversi canali del MWS non saranno utilizzate isolatamente, ma saranno combinate per produrre dati sulla temperatura e l'umidità atmosferica a diverse altitudini sopra la Terra. ### Il contributo di RO Lo strumento RO (Radio Occultation), sviluppato dalla svedese RUAG Space, fornisce misurazioni della temperatura e dell'umidità atmosferica che saranno di grande utilità per le previsioni meteorologiche numeriche e il monitoraggio climatico. Analizzando il modo in cui i segnali del Sistema Globale di Navigazione Satellitare (GNSS) vengono rifratti attraverso l'atmosfera, la RO consentirà agli specialisti di dedurre misurazioni di temperatura e vapore acqueo, nonché dati rilevanti per il monitoraggio dello strato limite planetario, dell'altezza e della struttura della tropopausa e della pressione superficiale. I segnali GNSS forniscono copertura globale, alta precisione, alta risoluzione verticale, stabilità a lungo termine e sono ricevibili in qualsiasi condizione meteorologica. I set di dati della RO offriranno anche opportunità per il monitoraggio della meteorologia spaziale, poiché consentono la misurazione delle densità e dei profili degli elettroni nell'atmosfera media e alta. RO è l'evoluzione diretta dello strumento GRAS (Global Navigation Satellite System Receiver for Atmospheric Sounding) a bordo degli attuali satelliti Metop di prima generazione. Fornirà osservazioni più accurate e con una maggiore risoluzione spaziale e temporale, poiché consentirà agli specialisti di acquisire, osservare e tracciare i segnali provenienti dalle nuove costellazioni dei sistemi di navigazione GPS e Galileo. Credits: Eumetsat Come mostra l'immagine, la nuova copertura comprende la gran parte di tutti gli oceani del globo, quindi anche i punti dove in precedenza i dati erano relativamente scarsi. L'immagine mostra le occultazioni rilevate da RO tra il 20 e il 26 agosto. I grafici più piccoli mostrano i profili verticali di temperatura e umidità derivati ​​dalle prime misurazioni dello strumento del 20 agosto sul Pacifico meridionale. Le curve sono tracciate insieme ai dati di previsione dell'ECMWF, rivelando come le misurazioni dell'RO affinino e aggiornino le previsioni sulla struttura di temperatura e umidità, in particolare nelle regioni con dati sparsi. ### La costellazione MetOp Sia MWS che RO forniranno dati di una precisione senza precedenti per la previsione meteorologica numerica (NWP). Sebbene questi primi segnali indichino che il _commissioning_ degli strumenti stia procedendo a ritmo sostenuto, i dati non sono ancora utilizzabili a scopi operativi e si prevede che la messa in servizio di Metop-SG-A1 richiederà ancora alcuni mesi di test e calibrazioni approfondite prima che i dati vengano rilasciati ai servizi meteorologici degli Stati membri e ad altri utenti. Il programma MetOp prevede il lancio di tre coppie successive di satelliti, ciascuna composta da un satellite di tipo A e uno di tipo B, dotati di strumenti complementari per acquisire un'ampia gamma di osservazioni. Questa missione è il risultato di una collaborazione di lunga data tra ESA ed Eumetsat. L'ESA è responsabile della progettazione e dello sviluppo dei satelliti, mentre Eumetsat gestisce i servizi di lancio, lo sviluppo del segmento di terra, le operazioni satellitari e la distribuzione dei dati alla comunità meteorologica. Nonostante questo nuovo satellite sia in orbita solo da tre settimane e la sua messa in servizio sia in una fase molto precoce, il suo sensore a microonde (MWS) e il suo sensore a radio occultazione (RO) stanno già restituendo dati preliminari, segnando una pietra miliare significativa in una nuova era di monitoraggio meteorologico e climatico europeo. ### Fonti: * EPS-SG MicroWave Sounder (MWS) Science Plan * MetOp SG Instruments (Eumetsat) * EPS-SG Radio Occultation Mission Overview
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September 7, 2025 at 9:43 AM
Flyby venusiano per Juice dopo un blackout delle comunicazioni
La sonda europea Juice (Jupiter Icy Moons Explorer) ha effettuato regolarmente il _flyby_ programmato di Venere solo poche settimane dopo l'inaspettata perdita delle comunicazioni con la Terra e il successivo ritorno alla normale operatività. La manovra orbitale è avvenuta il 31 agosto scorso quando, alle 07:28 italiane, la sonda è passata a soli 5.088 chilometri dalla superficie del pianeta, ricevendo una spinta gravitazionale di 5,1 km/s. Con le sue 6 tonnellate di massa, all'immissione in orbita per mezzo del lanciatore Ariane 5, Juice ha ricevuto una spinta di soli 2,5 km/s. Saranno necessari altri due sorvoli ravvicinati (flyby) con il nostro pianeta (settembre 2026 e gennaio 2029) per acquisire ulteriore velocità e inserirsi nella rotta corretta, per raggiungere Giove nel luglio 2031. Nell'agosto 2024 la sonda europea aveva compiuto un insolito doppio flyby con la Luna e la Terra, per perdere velocità, effettuare un cambio di rotta e cadere verso il sistema solare interno, arrivando quindi al recente incontro con Venere e accelerare nuovamente verso la Terra per ricevere le due spinte gravitazionali finali. Tutte queste fionde gravitazionali (_gravity assist_ in inglese), nonostante allunghino i tempi di missione, consentono di risparmiare carburante, sia al momento del lancio utilizzando un vettore meno potente e quindi più economico, sia durante il viaggio. In effetti, a parte qualche piccola correzione di rotta, la maggior parte dei 3.000 kg di carburante a bordo di Juice verranno utilizzati per rallentare durante l'arrivo nel sistema gioviano. Successivamente il propulsore ipergolico alimentato da monometilidrazina, verrà utilizzato per l'ingresso definitivo nell'orbita della luna Ganimede. La sonda è progettata per l'ambiente cosmico del sistema di Giove, dove l'irraggiamento solare è di 50 W/m2 (per confronto in orbita terrestre è di 1.300 W/m2). Infatti durante il recente sorvolo di Venere, per proteggersi dalla radiazione solare nell'ordine di 3.000 W/m2, Juice ha utilizzato l'antenna principale come scudo termico, lasciando spenti inoltre tutti gli strumenti scientifici di bordo, comprese le fotocamere che quindi non hanno potuto riprendere il passaggio. L'antenna ESA ESTRACK di Cerebros in Spagna, ripresa con Venere e Giove poche ore prima del flyby. Credit: ESA Operations on Bluesky Il sorvolo di Venere è stato vissuto con molta apprensione dagli addetti del controllo missione del centro ESA ESOC di Darmstadt in Germania, a causa di un precedente blackout delle comunicazioni con la Terra. Lo scorso 16 luglio, infatti, la grande antenna DSA 2 dell'ESA a Cerebros, nei pressi di Madrid, non riuscì a stabilire il contatto programmato con Juice. La questione divenne preoccupante quando anche l'antenna DSA 1 di New Norcia, vicino a Perth in Australia, fallì il collegamento. Senza segnale e senza telemetria non c'era possibilità di diagnosticare la causa del problema. Se la sonda fosse entrata in modalità di sopravvivenza in seguito a gravi malfunzionamenti nei sistemi di bordo, automaticamente avrebbe iniziato una lenta rotazione su se stessa che avrebbe consentito all'antenna di essere rivolta verso Terra pochi minuti ogni ora; questa intermittenza nel segnale però non si è mai verificata. L'attenzione è passata quindi ai sistemi di comunicazione di bordo, ipotizzando un disallineamento dell'antenna o problemi al trasmettitore oppure all'amplificatore del segnale. Con il flyby venusiano previsto per fine agosto, il controllo missione decise di agire subito senza aspettare il reset automatico programmato per fine luglio. Nelle successive 20 ore, una serie di comandi sono stati inviati alla cieca nella direzione della sonda, con la speranza che una delle piccole antenne di backup ricevesse la trasmissione. In quel momento Juice era a 11 minuti luce (200 milioni di chilometri) di distanza dalla Terra e quasi dietro il Sole. Un comando di attivazione dell'amplificatore del segnale venne infine ricevuto da Juice che inviò a Terra la conferma. Ristabiliti i contatti, venne eseguito un check completo che non rilevò alcun malfunzionamento dei sistemi. La causa scatenante venne individuata in un bug del software che gestisce il timer che accende e spegne l'amplificatore del segnale. Il timer riparte da zero ogni 16 mesi ed è stato scoperto che se viene utilizzato nel momento della ripartenza, l'amplificatore si spegne, lasciando i segnali inviati dalla sonda troppo deboli per essere ricevuti a Terra. Attualmente gli ingegneri ESA e del costruttore di Juice, Airbus, stanno valutando diverse possibilità per impedire che il problema si ripresenti alla prossima ripartenza del timer. Fonte: ESA
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September 13, 2025 at 9:51 AM
Megan McArthur lascia la NASA
Al termine di una carriera durata oltre vent'anni, Megan McArthur lascia la NASA. Con alle spalle due missioni spaziali che le hanno permesso di totalizzare 213 giorni nello spazio, Megan detiene anche due primati: è stata la prima donna a pilotare una capsula Dragon di SpaceX e l'ultima persona a “toccare”, seppur con il braccio robotico Canadarm dello Space Shuttle, il telescopio spaziale Hubble. McArthur è stata il pilota della missione Crew-2 a bordo della Dragon Endeavour, che SpaceX ha lanciato per conto della NASA il 23 aprile 2021. Si è trattata della sua seconda (ed ultima) missione spaziale e della sua prima ed unica missione di lunga durata sulla Stazione Spaziale Internazionale. Nel corso di questa missione di 200 giorni, Megan è stata ingegnere del volo per Expedition 65, svolgendo una vasta quantità di esperimenti scientifici relativi alla salute, alle scienze dei materiali e alla robotica. In questa foto del 3 giugno 2021, Megan McArthur, ingegnere di volo per Expedition 65 carica le piastre per la cristallografia proteica con soluzioni di proteine per l'esperimento _Real-time Protein Crystal Growth_. Questo studio biotecnologico serve a dimostrare nuovi metodi per la produzione di cristalli proteici di elevata qualità in microgravità. Questi risultati possono essere utili per identificare nuovi obiettivi di ricerca e per sviluppare farmaci migliori per il trattamento di alcune specifiche malattie. Credit: NASA/Flickr La sua prima missione spaziale è stata STS-125 (_Servicing Mission 4_ – SM4) dello Space Shuttle Atlantis, partita l'11 maggio 2009 alla volta del telescopio Hubble. Nelle vesti di specialista di missione, McArthur ha avuto la responsabilità di manipolare il telescopio orbitale con il braccio robotico della navetta e di fornire supporto durante le cinque attività extraveicolari necessarie alla riparazione e all'aggiornamento di Hubble. Inoltre, l'astronauta statunitense ha anche fornito supporto alle operazioni a bordo della navetta durante il lancio, l'avvicinamento al telescopio e l'atterraggio. Megan McArthur _Mission Specialist_ (MS2) della missione STS-125 posa per una foto il 17 maggio 2009, mentre è al lavoro con il braccio robotico Canadarm (_Shuttle Remote Manipulator System_ - SRMS) dal ponte di coda dell'Atlantis durante le attività del Flight Day 7 Credit: NASA/Flickr «L'attenta _leadership_ di Megan, la sua eccellenza a livello operativo e il suo totale e profondo impegno per la scienza e l'esplorazione, hanno avuto un impatto duraturo», ha commentato Steve Koerner, direttore ad _interim_ del Johnson Space Center della NASA a Houston. «Il suo contributo è stato utile per plasmare il futuro dell'esplorazione spaziale umana, e siamo estremamente grati per il suo servizio». Megan McArthur nella sua carriera alla NASA, ha ricoperto anche diversi ruoli di responsabilità tecnica. Nel 2019, è stata nominata vice capo divisione dell'Ufficio Astronauti in supporto all'addestramento dei colleghi e allo sviluppo delle operazioni spaziali. Inoltre, a partire dal 2017 è stata anche assistente del direttore delle operazioni di volo per il programma della Stazione Spaziale Internazionale. 19 maggio 2011, Megan McArthur, _Spacecraft Communicator_ (CAPCOM) per la missione STS-134 monitora i dati alla sua consolle nella Space Shuttle Flight Control Room presso il Mission Control Center del Johnson Space Center durante le attività del _Flight Day 4_. Credit: NASA Megan recentemente si è occupata anche di divulgazione, ricoprendo dal 2022 la carica di capo direttore scientifico presso lo Space Centre di Houston, ovvero il _Visitor Centre_ del Johnson Space Center della NASA. Proseguendo in questo suo ruolo, ella promuove attivamente il coinvolgimento del pubblico sui temi legati all'esplorazione spaziale, con l'intento di accrescere la comprensione dei suoi benefici per l'umanità e di migliorare la cultura scientifica. Katherine Megan McArthur è nata il 30 agosto 1971 ad Honolulu, Hawaii, ma è cresciuta in California dove ha frequentato la St. Francis High School di Mountain View. Nel 1993 si è laureata in ingegneria aerospaziale all'University of California di Los Angeles e nel 2002 ha ottenuto il dottorato in oceanografia dallo Scripps Institution of Oceanography dell'University of California di San Diego. Durante questi studi, McArthur ha partecipato a ricerche sulla propagazione acustica sottomarina e sull'elaborazione dei segnali digitali e ha svolto inoltre ricerche con attività subacquee. McArthur è stata selezionata dalla NASA nel 2000 come specialista di missione e dopo i consueti due anni di addestramento è stata assegnata all'_Astronaut Office Shuttle Operations Branch_ per lavorare su alcuni aspetti tecnici dei sistemi dello Space Shuttle presso lo _Shuttle Avionics Integration Laboratory_ (SAIL). Di seguito è stata selezionata come astronauta di supporto a terra per l'equipaggio dell'Expedition 9 nel corso della missione di sei mesi nella stazione spaziale nel 2004. Inoltre è stata CAPCOM (_Capsule Communicator_) sia per lo Space Shuttle che per la Stazione Spaziale Internazionale. Nella Space Station Flight Control Room del Mission Control Center presso il Johnson Space Center, gli astronauti Megan McArthur e Shane Kimbrough, sono in contatto con i membri dell'equipaggio dell'Expedition 36 a bordo dell'International Space Station, nel corso dell'attività extraveicolare del 9 luglio 2013, eseguita dagli astronauti Chris Cassidy della NASA e Luca Parmitano dellESA. Credit: NASA «É stato un incredibile privilegio servire come astronauta della NASA, lavorando con scienziati di tutto il mondo su ricerche all'avanguardia che continuano ad avere un impatto duraturo qui sulla Terra e che preparano l'umanità per le esplorazioni del futuro sulla Luna e su Marte», ha dichiarato McArthur. «Dal telescopio spaziale Hubble alla Stazione Spaziale Internazionale, il nostro laboratorio di ricerca in orbita bassa, l'umanità ha sviluppato degli strumenti incredibili che ci aiutano a rispondere ad importanti quesiti scientifici, a risolvere complesse sfide ingegneristiche e a guadagnare una profonda comprensione riguardo alla nostra posizione nell'universo. Vedere il nostro splendido pianeta dallo spazio, rende chiaro quanto sia fragile e preziosa la nostra casa e quanto sia vitale che noi la proteggiamo. Sono grata di aver avuto l'opportunità di contribuire a questo lavoro, e sono eccitata nell'osservare i nostri brillanti ingegneri e scienziati della NASA superare nuove sfide e perseguire ulteriori scoperte scientifiche per il beneficio di tutti.» Megan McArthur è sposata con l'ex astronauta ed ex capo dell'Ufficio Astronauti della NASA Bob Behnken, dal quale ha avuto un figlio. Behnken ha volato anche a bordo della Dragon Endeavour per la missione SpaceX Demo-2 nel 2020. Proprio il seggiolino occupato da Behnken in Endeavour è stato usato poco tempo dopo anche da sua moglie Megan per la missione Crew-2 di SpaceX, che è stato anche il secondo volo della capsula. Fonti: NASA-1; NASA-2
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September 8, 2025 at 9:49 AM
Finalmente il Flight Test di Starship è andato bene
È stato solo al terzo tentativo di lancio che Starship, il razzo superpesante in fase di sviluppo da SpaceX, è decollato per la missione Flight 10. Le altre due volte erano stati rispettivamente problemi tecnici e condizioni meteo avverse a rimandare la partenza. Come il nome suggerisce, si tratta del decimo volo di collaudo dell'intero razzo, composto da due stadi riutilizzabili: rispettivamente Super Heavy (chiamato anche Booster) e Ship. Il decollo è avvenuto alle 01:30 italiane dal complesso di lancio nel Texas sudorientale: il profilo di volo era molto simile a quello da Flight 7 in poi e prevedeva numerosi test per raccogliere dati sul comportamento di Booster e Ship. Questo è anche dovuto ai problemi occorsi a entrambi durante delle missioni precedenti, via via risolti, in parte derivati dall'introduzione della nuova versione di Ship, che hanno pregiudicato un volo completo, soprattutto da parte dello stadio superiore. L'evento è stato seguito da AstronautiCAST, il podcast dell'associazione ISAA, in tutti e tre i tentativi: di sotto trovate la puntata dedicata al lancio. https://www.youtube.com/watch?v=KP4gYrpNyvY Come in ogni missione, niente è dato per scontato, soprattutto per un sistema in fase di sviluppo come Starship. Il razzo si è quindi staccato dalla rampa di lancio, seppur molto lentamente, a causa dell'enorme massa combinata tra propellenti e struttura. Progressivamente ha guadagnato velocità e a circa 50 km di altitudine è avvenuta la transizione tra Booster e Ship: a differenza di gran parte dei vettori esistenti, l'accensione del secondo stadio avviene quando è ancora collegato al primo. In termini tecnici: _hot stage separation_. Sulla sommità del booster era presente l'_hot stage ring_ , una struttura che permette lo sfiato dei gas di scarico attraverso delle feritoie. L'anello si è poi staccato e non è stato recuperato: si tratta di una soluzione temporanea, adottata per ovviare ad alcuni problemi riscontrati nella separazione durante i primi voli. https://twitter.com/SpaceX/status/1960485359239774487 https://twitter.com/SpaceX/status/1960485980231647690 Come avvenuto per il nono volo, l'_hot stage ring_ è anche servito per permettere un _boostback burn_ più efficiente: è l'accensione dei motori per annullare la velocità orizzontale acquisita e permettere un ritorno al sito di lancio. Nelle prime otto missioni il ribaltamento del booster dopo la separazione avveniva in una direzione casuale, determinata dalle piccole differenze nelle forze esercitate dai gas di scarico sul primo stadio. A partire da Flight 9 alcune feritoie nell'_hot stage ring_ sono state chiuse, in modo da incanalare nella direzione desiderata l'efflusso e quindi rendere il ribaltamento prevedibile. Secondo SpaceX si riduce il carburante necessario per orientare correttamente il primo stadio, con il vantaggio di avere una maggiore capacità di carico verso l'orbita. Queste prime fasi, erano comunque state sempre eseguite con successo, se si esclude il volo di esordio di Starship nell'aprile 2023. Ed è da questo momento, a partire da Flight 7, che i problemi cominciavano ad insorgere, specialmente a Ship. Come riportato da SpaceX nei vari comunicati, sono stati di volta in volta in parti diverse e prontamente studiati e corretti per il volo successivo. Volo| Booster| Ship ---|---|--- Flight 7| Nessun problema, catturato| Esplosa per una perdita di ossigeno dovuta a vibrazioni eccessive Flight 8| Nessun problema, catturato| Esplora per un problema hardware in un Raptor con conseguente mesocolamento e accensione non controllata dei propellenti Flight 9| Esploso per via delle troppe forze sul tubo di trasferimento del propellente| Distrutta per la perdita dell'assetto a seguito di problemi di pressione nel nosecone e nel serbatoio centrale Tabella riassuntiva sull'esito di Booster e Ship nei voli a partire da Flight 7, quando è stata introdotta la seconda versione del secondo stadio. Per Flight 10 l'attenzione era quindi su entrambi gli stadi, dal momento che avevano terminato prematuramente la propria parte di volo nella missione precedente. Booster 16, utilizzato per questa missione, è al primo volo e ha affrontato un rientro aggressivo, ma con un angolo di attacco inferiore rispetto al Flight 9: in quell'occasione il massimo raggiunto fu di 17°. Il recupero non era nuovamente previsto: il primo stadio avrebbe prima rallentato aerodinamicamente, per poi iniziare la fase di _landing burn_ con l'obiettivo di simulare un'anomalia in uno dei motori centrali. Già durante le fasi di ascesa un motore Raptor dell'anello intermedio si è spento e non si è più riacceso: SpaceX per ora non ha comunicato le cause. Questo non ha comunque pregiudicato il rientro: si sono accesi prima 12 motori (nove dell'anello intermedio e i tre centrali) ed in seguito solo tre (due centrali e uno intermedio). A differenza degli altri ammaraggi, che avvenivano con i motori ancora in funzione, questa volta Booster 16 è rimasto sospeso a pochi metri dalle acque del Golfo del Messico: solo dopo qualche secondo sono stati spenti e all'impatto con l'acqua è esploso, come da previsioni. La capacità di fare _hovering_ , questo il termine tecnico, è caratteristica di Super Heavy ed è cruciale per il suo recupero: a differenza del Falcon 9, l'altro razzo riutilizzabile prodotto da SpaceX, non atterra in una piazzola vicino al complesso di lancio, ma direttamente sulla struttura da cui è partito. Viene afferrato da due grandi bracci meccanici, Mechazilla, che si richiudono e lo riposizionano. Questo è pensato per velocizzare le operazioni di recupero e di rivolo, fondamentali per i piani lunari e marziani di SpaceX che prevedono anche il rifornimento in orbita di Ship. Avere quindi capacità di rimanere sospeso per qualche secondo permette al booster di correggere eventuali errori nel posizionamento o ritardi nella chiusura dei bracci. https://twitter.com/SpaceX/status/1960487111372452032 Raggiunti tutti gli obiettivi per Booster 16, l'attenzione si è concentrata su Ship 37, che si trovava nella fase che, come detto, era fino a quel momento risultata più critica. Nell'ordine lo stadio superiore avrebbe dovuto completare l'ascesa, spegnere i motori, e a circa 19 minuti dal decollo, iniziare il rilascio di otto simulacri di satelliti Starlink. Si trattava di esemplari non funzionanti, ma simili per dimensioni e peso a quelli che dovrebbero volare su Starship quando il razzo diventerà operativo. Per SpaceX, che gestisce la costellazione fin dalla fase di produzione, l'entrata in servizio di Starship è fondamentale: per ogni lancio la capacità aggiunta alla rete dovrebbe essere 20 volte superiore rispetto a quella con un Falcon 9. Attualmente un lancio Starlink porta dai 20 ai 30 satelliti, a seconda dell'inclinazione del guscio orbitale: sono chiamati _V2 mini_ perché resi più piccoli della della seconda generazione (V2), per essere accomodati all'interno delle ogive del Falcon 9. Durante la diretta di Flight 10 è stato detto che con Starship saranno circa 60, appartenenti alla terza generazione. Il rilascio degli otto satelliti è comunque stato effettuato con successo: escludendo alcuni tentativi andati a vuoto, il tutto si è svolto in circa otto minuti. I simulacri sono stati inseriti sulla stessa traiettoria di Ship e si sono quindi disintegrati durante il rientro atmosferico. https://twitter.com/SpaceX/status/1960127689681215633 https://twitter.com/SpaceX/status/1960490432715993216 A 38 minuti dal decollo si è poi avuta la breve accensione di un motore Raptor centrale, quello quello ottimizzato per operare in atmosfera: si è trattato della seconda volta in assoluto, dopo la prima avvenuta durante la seconda missione. Per SpaceX compiere questa accensione è stato importante, in quanto fortemente collegata al _deorbit burn_ , la manovra che viene eseguita per rientrare in atmosfera dopo una missione orbitale. Va ricordato che per tutti i voli di Starship eseguiti fino ad ora, il secondo stadio è sempre stato immesso su una traiettoria suborbitale. https://twitter.com/SpaceX/status/1960495065081503769 A circa 47 minuti, durante l'inizio della fase di rientro atmosferico, si è osservata un'esplosione nella zona che protegge i motori (_aft skirt_): nonostante questo Ship 37 ha continuato il suo volo. Il rientro, va ricordato, è stato più aggressivo di quanto normalmente avverrebbe: SpaceX voleva ottenere quanti più dati possibili, capire i limiti della navetta e stressarne le componenti. Ad essere colpiti in particolar modo sono state le alette (_flap_) che controllano l'assetto di Ship durante questa fase: soprattutto nelle giunzioni con il corpo principale la struttura si è fusa e rovinata, ma questo non ha pregiudicato nulla. Era una situazione che si era verificata anche con la prima versione dello stadio superiore. https://twitter.com/NASASpaceflight/status/1960499982496084017 Sopravvissuta al rientro, Ship 37 ha affrontato gli ultimi chilometri "a pancia in giù" e per ammarare ha dovuto eseguire il _belly flip_ , letteralmente "ribaltamento della pancia". Ha quindi acceso un motore, si è verticalizzata ed è ammarata nell'Oceano Indiano, non distante da una boa dotata di telecamera per riprendere gli ultimi momenti. Una volta terminata la spinta dei motori, si è rovesciata su un lato ed è esplosa, come previsto. https://twitter.com/SpaceX/status/1960502324050133328 Una delle prime cose che sono state notate dagli appassionati è stata la condizione dello scudo termico, apparso decisamente usurato. È un componente fondamentale di Ship, dal momento che serve a proteggere la struttura dalle elevate temperature che si formano durante il rientro. Dalle prime analisi di alcuni commentatori esperti, tuttavia, è emerso che il colore arancione dello scudo termico potrebbe essere dovuto al deposito di materiale probabilmente ferroso: le responsabili potrebbero essere alcune piastrelle in metallo, utilizzate in sostituzione di quelle standard. SpaceX non ha per ora rilasciato dettagli. https://twitter.com/DJSnM/status/1960540839572333019 Nei voli effettuati finora, SpaceX ha rimosso di volta in volta un certo numero di piastrelle in determinati punti, in modo da studiare il comportamento della struttura in acciaio inossidabile, o le ha sostituite con altre di materiali diversi o dotate di raffreddamento attivo, con lo scopo di studiare delle alternative. Nel complesso quindi l'intera missione può essere considerata un successo, anche alla luce dei problemi avuti durante i tre voli precedenti: tutti gli obiettivi dichiarati sono stati raggiunti, per quanto è stato possibile vedere. Questo non significa che non ci siano aspetti da migliorare: ad esempio il flap, lo scudo termico e il dispenser dei satelliti Starlink saranno particolarmente attenzionati dal personale di SpaceX. Nelle prossime settimane, probabilmente a ridosso di Flight 11, l'azienda comunicherà come di consueto le analisi relative a questa missione. Infografica riassuntiva delle missioni Starship effettuate finora. Crediti: ISAA/Riccardo Rossi/Matteo Deguidi _Nota: questo articolo è stato aggiornato per rimuovere una inaccuratezza sullo scudo termico, alla luce delle ultime informazioni._
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September 6, 2025 at 9:43 AM
Tutto pronto per Flight 10 di Starship
Se non ci saranno posticipi dell'ultimo secondo, martedì 26 agosto all'1:30 italiane si aprirà la finestra di lancio di un'ora per il decimo volo di Starship, il lanciatore superpesante in fase di sviluppo da parte di SpaceX a Starbase, nel Texas sudorientale. Il lancio si potrà vedere in diretta sul profilo X di SpaceX a partire da circa 30 minuti prima del decollo. Sarà anche disponibile il commento da parte di astronautiCAST, il podcast della nostra associazione. https://www.youtube.com/watch?v=9wAEPTdvxaI Starship è composto da due stadi completamente riutilizzabili. Il primo si chiama Super Heavy (o più comunemente _booster_) ed è dotato di 33 motori Raptor: differenza del Falcon 9, l'altro lanciatore prodotto da SpaceX, ritorna sulla stessa struttura da cui è decollato, venendo afferrato da due bracci meccanici e riposizionato, in ottica di una rapida riusabilità. Il secondo viene chiamato Ship ed è dotato di sei Raptor: tre per l'ambiente spaziale e tre per operare in atmosfera. Dal settimo volo, svolto a gennaio 2025, Ship ha ricevuto alcuni aggiornamenti, in quella che è stata chiamata _Ship V2_. Nonostante le migliorie apportate, le missioni non hanno avuto gli esiti sperati: tutte sono fallite poco dopo il distacco tra i due stadi. Si è trattato di volta in volta di problematiche diverse e le criticità tra un volo e l'altro sono state corrette e prevenute, ma ad oggi la fase di rientro del secondo stadio non è ancora stata testata. Infografica sulle precedenti missioni di Starship. Quali saranno i colori per Flight 10? Crediti: ISAA/Riccardo Rossi/Matteo Deguidi ## Cosa è successo durante Flight 9 SpaceX ha rilasciato il 15 agosto un comunicato con il resoconto di Flight 9, con alcuni dettagli aggiuntivi su quanto successo. ### Booster 14 Il nono volo del razzo fu il 28 maggio all'1:36 italiane e vide protagonisti Ship 35 e Booster 14, lo stesso che venne impiegato per Flight 7: per il programma Starship si trattò della prima dimostrazione di riutilizzo di un booster. Ma non fu l'unica novità: SpaceX provò la rotazione di Super Heavy in una direzione prestabilita nel momento della separazione tra gli stadi, favorita dalla chiusura di alcune feritoie e dall'incanalamento forzato dei gas di scarico. Questo permette di risparmiare carburante nell'inversione di rotta del booster e quindi di avere una maggior capacità di carico verso l'orbita. https://twitter.com/SpaceX/status/1928826034834510171 Gli altri obiettivi riguardavano il rientro con un angolo di attacco maggiore rispetto ai voli precedenti, per studiare il comportamento del booster e capirne i limiti. Il massimo raggiunto fu di circa 17°, anche se SpaceX non ha comunicato quanto fosse nelle altre missioni, Dopo la fase iniziale di rallentamento aerodinamico, Booster 14 riaccese 12 motori su 13 previsti per il _landing burn_ , la manovra che lo avrebbe portato ad un ammaraggio: poco dopo l'accensione si vide un esplosione e l'interruzione della telemetria. SpaceX come in altre situazioni ha parlato di un «evento energetico» che si è verificato «vicino alla sezione di poppa» nella zona motori. Il comunicato continua dicendo che «la causa più probabile per il fallimento del landing burn sono state le forze maggiori del previsto sulla struttura del booster e in particolare sul tubo di trasferimento del carburante, per via del rientro con un angolo di attacco maggiore». Il personale di SpaceX ha quindi effettuato delle analisi dopo il volo, concludendo che il tubo «ha probabilmente subito un cedimento strutturale, che ha portato metano e ossigeno liquido a mescolarsi e reagire». L'esperienza di Flight 9 ha quindi permesso di apportare delle modifiche al profilo di rientro, che adotterà un angolo di attacco minore per ridurre lo stress aerodinamico e diminuire le probabilità di un insuccesso. https://twitter.com/_mgde_/status/1927875442876219528 ### Ship 35 I veri problemi riguardarono, ancora una volta, lo stadio superiore. Dopo una separazione e i primi tre minuti di volo autonomo apparentemente nominali, «i sensori nel _nosecone_ [la sezione sommitale di Ship] rilevarono un aumento costante nei livelli di metano», che continuò per altri due minuti. A quel punto «la pressione nel serbatoio principale decrebbe rapidamente e simultaneamente quella nel nosecone aumentò». Questa situazione non pregiudicò l'_ascent burn_ , il cui scopo è raggiungere una determinata velocità per poi spegnere i motori. A quel punto del volo era previsto lo sfiato (_venting_) del nosecone: questo, unitamente all'elevata pressione, «portò ad un elevato numero di errori di assetto» e superata una certa soglia, all'intervento di un sistema automatico di disattivazione del venting. Conseguentemente l'apertura del portellone della stiva e il rilascio dei dieci simulacri di satelliti Starlink non venne eseguito. https://twitter.com/CSI_Starbase/status/1928827878789070855 La situazione migliorò grazie all'utilizzo dei _reaction control thrusters_ , una serie di piccoli motori che controllano l'assetto del veicolo, tanto da permettere di riprendere il venting: a quel punto però «le videocamere mostrarono del metano liquido penetrare nel nosecone e le temperature di sensori e controlli cominciarono a diminuire». Questo portò alla passivazione automatica del veicolo, ovvero all'espulsione di tutto il carburante e al non raggiungimento degli obiettivi di missione. Starship rientrò quindi in atmosfera con un assetto non nominale: gli ultimi dati della telemetria furono ricevuti a «circa 59 km di altezza, sempre all'interno del corridoio di volo previsto». SpaceX ha anche tenuto a precisare che il sistema di terminazione automatica del volo (FTS, _Flight Termination System_) non fu attivato, nè che ci furono violazioni nelle regole di sicurezza del volo. https://twitter.com/NASASpaceflight/status/1927517423441170629 Dalle analisi delle videocamere all'interno di Starship è emerso «un guasto evidente al diffusore del sistema di pressurizzazione del serbatoio di metano, che si trova all'interno del nosecone». I tecnici di SpaceX sono anche riusciti a ricreare il problema durante dei test a Terra. Si tratta di un fatto importante, dal momento che le «analisi precedenti al volo non mostravano la possibilità di tale problematica». Il diffusore è stato comunque ridisegnato per «direzionare in modo migliore i gas pressurizzati all'interno del serbatoio principale e ridurre significativamente lo stress sulla sua struttura». È stata anche aggiornata la fase di qualifica delle componenti: ora i test prevedono prove statiche che simulano le condizioni di volo e una prova di utilizzo dieci volte più lunga rispetto a quella operativa. ## Flight 10 Nel pieno stile adottato da SpaceX per lo sviluppo di Starship, già qualche settimana dopo il fallimento di Flight 9 cominciarono i preparativi per Flight 10. Il 14 giugno Booster 16 venne montato sulla struttura di lancio e fu sottoposto a uno _static fire_ , una prova di accensione di tutti i motori per verificarne il corretto funzionamento. https://twitter.com/thejackbeyer/status/1933965590395527183 Il giorno successivo, il 15 giugno, Ship 36 venne spostata presso il sito di test di Massey, poco distante dal sito di lancio: lo static fire di un singolo motore ebbe esito positivo, permettendo così di procedere, qualche giorno dopo, a quello con tutti e sei i motori. Il test si tenne il 18 giugno: sorprendentemente fallì, causando l'esplosione di Ship 36 e il danneggiamento del sito. Come riportato quasi immediatamente da Elon Musk, fondatore di SpaceX, il responsabile fu probabilmente un serbatoio pressurizzato. https://www.astronautinews.it/2025/06/gli-ultimi-aggiornamenti-sullesplosione-di-ship-36-durante-uno-static-fire/ A distanza di circa due mesi SpaceX ha confermato le prime supposizioni: nel comunicato si parla di «causa principale più probabile» e in particolare un «danno non identificabile o non sufficientemente analizzato ad un _composite overwrapped pressure vessel_ (COPV)», il serbatoio pressurizzato appena menzionato. Come misura di mitigazione, durante Flight 10 e nei voli successivi la pressione nei COPV sarà minore e saranno sottoposti a controlli e prove aggiuntive. SpaceX ha comunicato inoltre di «aver sviluppato un nuovo metodo non distruttivo per individuare danni interni», oltre ad aver aggiunto un «nuovo strato protettivo esterno». ### Booster 16 Il profilo di missione di Booster 16 sarà molto simile a quello del volo precedente, con diversi esperimenti per raccogliere dati sul comportamento in scenari di rientro diversi o non nominali. Dopo aver effettuato il ribaltamento, inizierà la vera e propria fase di test: uno dei tre motori centrali verrà intenzionalmente disabilitato e uno dell'anello intermedio lo sostituirà, raccogliendo dati su come si comporta il booster. Dopo lo spegnimento, i due soli Raptor centrali completeranno il _landing burn_ , si spegneranno a pochi metri dalla superficie del mare e lasceranno cadere il primo stadio. ### Ship 37 A seguito dell'esplosione di Ship 36, Ship 37 fu promossa a secondo stadio per la missione: i test furono effettuati presso il pad di lancio, in attesa della sistemazione del sito di Massey. Gli obiettivi saranno gli stessi obiettivi del volo precedente: il rilascio di otto simulacri di satelliti Starlink e l'accensione di un solo motore Raptor nello spazio, per quanto riguarda la fase di crociera. Per la fase di rientro, Ship 37 dovrà testare le capacità di ritorno al sito di lancio: sono state rimosse numerose piastrelle dello scudo termico, in modo da stressare maggiormente le aree sensibili. In alcune parti sono state sostituite da altre in metallo e da una con un sistema di raffreddamento attivo, in modo da studiare delle alternative. Altre piastrelle hanno il bordo rastremato, per evitare la formazione degli _hot spot_ : letteralmente "punti caldi", sono delle zone in cui l'elevato afflusso di calore comporta un innalzamento della temperatura e quindi potenzialmente dei problemi strutturali. Per la cattura sono stati installati dei dispositivi di aggancio: ne verranno studiate le prestazioni termiche e strutturali, anche grazie ad un profilo di rientro pensato per studiarne i limiti. * * * Fonti: Report di Flight 9, Flight 10 _Nota: questo articolo è stato aggiornato per cambiare la data di partenza a seguito dello scrub di lunedì 25 agosto._
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September 1, 2025 at 9:42 AM
Tante tortillas e un kit per il reboost: decollata CRS-33
Alle 08:45 italiane del 24 agosto 2025 è stata lanciata la missione CRS-33 verso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) da un Falcon 9 di SpaceX. Il decollo è avvenuto dallo Space Launch Complex 40 del Kennedy Space Center, in Florida. Si tratta della 13a missione della Dragon 2, la 33a di una Cargo Dragon, nell'ambito del Commercial Resupply Services, il programma di rifornimento della Stazione effettuato da compagnie private statunitensi e promosso dall'Agenzia spaziale statunitense (NASA). https://www.youtube.com/live/qk1JnExKcoo?feature=shared&t=1276 Il primo stadio, il booster B1090, era al sesto volo: ha partecipato a O3b mPower 7-8 e 9-10, Starlink 6-67 e 10-18, Bandwagon 3 (una missione _rideshare_ – un lancio condiviso – con decine di satelliti di aziende diverse) e Crew-10. Anche questa volta è stato recuperato con successo sulla piattaforma autonoma _A Shortfall Of Gravitas_ (ASOG), stazionata nell'Oceano Atlantico, nove minuti dopo essere decollato. Dopo circa due minuti e mezzo dalla partenza, i due stadi si sono separati e dopo altri 12 circa anche la Dragon si è staccata e ha cominciato l'avvicinamento alla Stazione. L'attracco è previsto per lunedì 25 agosto alle 13:30: come per tutte le missioni della Dragon 2 le operazioni saranno svolte in autonomia dalla capsula, con la supervisione di Mike Fincke e Jonny Kim, pronti a prendere il controllo da remoto. NASA seguirà l'evento con la consueta diretta sui propri canali social, ma nel frattempo è possibile vedere la posizione della Dragon in tempo reale sul sito dedicato di SpaceX. Il ritorno della capsula è previsto per dicembre, in quella che è la prima missione di lunga durata: sarà riempita con esperimenti scientifici terminati, strumenti o pezzi da aggiustare e altro materiale. La capsula è infatti attualmente l'unica che effettua un rientro non distruttivo e che viene riutilizzata: l'esemplare di questa missione, C211, è al terzo volo dopo CRS-26 e CRS-29. https://twitter.com/SpaceX/status/1959509871038242996 ## Carico a bordo La Dragon è stata caricata con circa 2.300 kg di rifornimenti e circa 50 esperimenti scientifici. Tra questi NASA ha deciso di evidenziarne alcuni, sia in un articolo che nella consueta teleconferenza prelancio. A questi si aggiungono strumenti per l'esercizio fisico, filtri per il processamento dell'urina e dell'acqua, per il monitoraggio dei gas e dei suoni. La divisione dei carichi per questa missione. Crediti: NASA ### Prevenzione della perdita ossea nello spazio L'esperimento _Microgravity Associated Bone Loss-B_ (MABL-B) studierà gli effetti della microgravità sulle cellule staminali del midollo osseo e potrebbe portare ad un miglioramento nella comprensione dei meccanismi molecolari di base della perdita ossea durante i voli spaziali. ### Stampa 3D di utensili e parti Sponsorizzato dall'Agenzia spaziale europea (ESA), permetterà far progredire la tecnologia della stampa 3D nello spazio. L'obiettivo nel lungo termine è quello di poter fabbricare all'occorrenza utensili e parti sostitutive per gli ambienti in cui gli astronauti soggiorneranno. Soprattutto per le missioni sulla Luna o su Marte, luoghi non facilmente raggiungibili in poco tempo come la ISS, si tratterà di una abilità fondamentale. Gli ultimi progressi in questo campo hanno permesso di stampare in 3D oggetti in metallo. https://www.astronautinews.it/2024/09/esa-ha-realizzato-la-prima-stampa-3d-metallica-nello-spazio/ ### Crescita di tessuti umani Tra gli esperimenti che possono avere anche implicazioni sulla vita sulla Terra c'è la crescita di tessuti del fegato completi di vasi sanguigni: verrà effettuata una comparazione con alcuni campioni coltivati a Terra, in modo da capire se la microgravità migliora il processo di sviluppo. In una missione precedente era stata verificata la sopravvivenza e le funzionalità dei tessuti nello spazio. ### Creazione di un dispositivo impiantabile per il trasporto di medicinali Sempre nell'ambito della salute umana verrà creato in microgravità un dispositivo impiantabile progettato per assistere nella ricrescita dei nervi a seguito di infortuni. La stampa all'interno della ISS potrebbe portare alla costruzione di dispositivi di miglior qualità rispetto a quelli prodotti sulla Terra. Il processo è simile all'esperimento precedente, a partire da cellule viventi o proteine come costituenti di base. ### Kit per il reboost della ISS Si tratta forse dell'esperimento più interessante per gli appassionati di astronautica. È un sistema di propulsione indipendente da quello della capsula ed è installato nel _trunk_ , la sezione non pressurizzata della Dragon: è pensato per supportare il mantenimento della quota dell'avamposto spaziale. Il _reboost_ , questo il termine tecnico, verrà effettuato tramite una serie di accensioni durante tutto l'autunno. Sarah Walker, direttrice delle missioni Dragon di SpaceX, ha detto che «si tratta di una combinazione di hardware che ha già volato e di unità nuove», in riferimento al design del sistema di propulsione. Ha aggiunto che «i serbatoi del boost kit hanno volato durante il test di abort in volo della Dragon nel gennaio 2020 e i motori Draco durante la missione Crew-8». Il kit nei fatti è composto da «sei serbatoi per il propellente, un serbatoio di pressione, due motori Draco e un nuovo sistema di riscaldamento e isolamento» per le accensioni più lunghe. A questo è stata aggiunta «una coperta termica al trunk e delle linee di comunicazione aggiuntive»: queste erano già presenti e sono state semplicemente instradate verso il kit. https://twitter.com/SpaceX/status/1959504658164265014 Rispondendo ad una domanda Walker ha affermato che l'installazione del kit per il reboost ha richiesto alcune piccole modifiche alla struttura del trunk: «un paio di punti di attacco […] che verranno aggiunti a tutti gli altri trunk» delle altre Dragon a disposizione dell'azienda. In questo modo «se NASA volesse far volare un'altra missione di reboost, l'integrazione sarà più facile». L'innalzamento dell'altitudine dell'avamposto è un'operazione periodica e pianificata con mesi di anticipo: si rende necessaria per compensare la perdita dovuta all'attrito con le poche molecole di atmosfera presenti. Solitamente viene eseguita dalle navette russe Progress, ma nel corso degli anni è stata affidata anche ad altri veicoli: lo Space Shuttle della NASA, l'_Automated Transfer Vehicle_ (ATV) dell'ESA e la navetta Cygnus di Northrop Grumman. L'ultima ad aggiungersi è stata la Dragon l'8 novembre 2024, durante la missione CRS-31. In merito a quest'ultimo esperimento, Walker ha precisato che i Draco utilizzati erano quelli della capsula, così come lo era il propellente: con il kit di reboost il sistema sarà autonomo e soprattutto punterà nella direzione corretta, per massimizzare i risultati. Walker ha infine dato un'idea di quale sarà l'effetto complessivo dei reboost: «molto vicino ad una volta e mezzo di quello di una singola Progress», anche se rappresenta solamente «un terzo o un quarto di quanto necessario durante un periodo di alta attività solare», come lo è in questo momento. La Dragon poi si «prenderà in carico la maggior parte del lavoro di reboost finché resterà attraccata», anche se per ora non ci sono piani ufficiali per ulteriori correzioni orbitali in futuro. ### Tante tortillas Durante la teleconferenza Bill Spetch, _Operations Integration Manager_ della ISS per conto della NASA ha comunicato anche qualche numero rispetto alla quantità di cibo che arriverà sulla Stazione. Ci saranno «129 menù standard, di cui 14 solo per le tortillas», per un totale di oltre 1.500: un pasto standard può contenere 10 diverse categorie di cibo, che spaziano dalla colazione ai dessert, passando per frutta, verdura, carne, pesce o, per l'appunto, tortillas. In ogni caso si tratta di cibo preconfezionato che può essere conservato per tre anni. Ci saranno poi «33 menù specifici per gli equipaggi», di cui non sono stati rivelati i contenuti per motivi di riservatezza, e «18 buste per caffè o tè». Le tortillas hanno ricevuto una particolare attenzione, dal momento che sono preferite ad altri tipi di pane perché producono meno briciole: per la prima volta sono anche state incartate in una confezione dedicata. * * * Fonti: NASA, conferenza prelancio, ISS Food System Overview
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September 1, 2025 at 9:42 AM
Lanciato METOP-SGA1, il primo satellite METOP della nuova generazione
Alle 02:37 italiane di oggi, 13 agosto 2025, è decollata dallo spazioporto dell'Agenzia spaziale europea (ESA) nella Guyana Francese la missione di osservazione della Terra METOP-SGA1. Si è trattato del terzo lancio di un razzo della famiglia Ariane 6, il satellite è stato consegnato dal vettore Ariane 62 esattamente nell'orbita prevista, e dopo la separazione avvenuta poco meno di un'ora e cinque minuti più tardi, la telemetria ne ha attestato il perfetto funzionamento. Alle 04:47 CEST è infine arrivata la conferma del corretto dispiegamento del pannello fotovoltaico, operazione fondamentale per la sopravvivenza del satellite che fino a quel punto era alimentato dalla batteria di bordo. METOP-SGA1 è stato progettato per migliorare le previsioni meteorologiche, il monitoraggio climatico e le osservazioni ambientali, fornendo dati globali ad alta risoluzione da un'orbita polare eliosincrona di 820 km di quota, inclinazione di 98.701° e LTAN 21:30. I benefici portati dai satelliti METOP-SG perseguono tre obiettivi principali: il miglioramento delle previsioni meteorologiche, il monitoraggio del clima e il monitoraggio ambientale. I satelliti METOP-SG sono dotati di strumenti avanzati che forniscono dati più accurati e ad alta risoluzione su temperatura atmosferica, umidità, precipitazioni e velocità del vento. METOP-SGA1 utilizza la banda Ka e la banda X per la trasmissione dei dati globali e regionali, garantendo un'efficiente e tempestiva distribuzione della grande quantità di dati raccolti. Ecco il video Arianespace del momento della partenza. https://youtu.be/19aOnyPSRjo ## Le prossime fasi della missione Da oggi inizia la fase di LEOP (Launch and Early Orbit Phase), che si protrarrà per tre giorni e che serve a testare i sistemi di base del satellite e a riconfigurarlo dalla modalità di lancio a quella adatta a iniziare la fase successiva, la cosiddetta SIOV (Satellite In-Orbit Verification). A questo punto, il satellite viene portato alla sua piena funzionalità e avviene l'attivazione degli strumenti scientifici. Durante il periodo di LEOP si accendono e verificano i sistemi chiave di METOP-SGA1, sia nello spazio che al centro di controllo: * acquisizione della telemetria _housekeeping_ , cioè dei dati tecnici legati al funzionamento del satellite; * test della capacità di comandare il satellite; * determinazione della prima orbita da parte del servizio di dinamica volo; * misurazione Ranging/Doppler tramite il segnale ricevuto alla Ground Station di Svalbard; * configurazione delle stazioni di terra e valutazione della prontezza a iniziare le operazioni di EUMETSAT; * messa a punto finale e avvio del sistema di controllo del satellite presso il centro di controllo EUMETSAT di Darmstadt. METOP-SGA1 e la posizione degli strumenti. Crediti: ESA/ATG medialab ## La missione di METOP-SGA1 Il satellite METOP-SGA1 ospita un totale di sei strumenti scientifici. Il carico utile include l'___Infrared Atmospheric Sounding Interferometer - New Generation_ (IASI-NG), un imager visivo e infrarosso _METimage_ (_Meteorological Imager_), il _MicroWave Sounder_ (MWS), un sensore _Radio Occultation_ (RO) e il _Multi-Viewing, Multi-Channel, Multi-Polarisation Imager_ (3MI). A completare il gruppo c'è Sentinel 5, commissionato dall'Unione europea nel contesto del programma Copernicus. Questo impressionante schieramento di strumenti di ultima generazione produrrà circa 1,5 gigabyte di dati al giorno, pari a 20 volte la quantità di dati raccolta dai METOP di prima generazione. METOP-SGA1 condivide la stessa orbita della prima generazione di osservatori spaziali METOP, ma a differenza di questi ultimi gli strumenti scientifici sono suddivisi su coppie di satelliti (METOP-SG A e METOP-SG B). Il programma METOP-SG prevede la costruzione e il lancio di tre esemplari del tipo A e tre del tipo B. Le coppie di satelliti saranno lanciate a intervalli di circa sette anni, con i satelliti A che precederanno i satelliti B di circa un anno. Una raffigurazione artistica di METOP-SGA1 - Crediti: ESA/ATG medialab - CC BY-SA 3.0 IGO ## Un ricco parco di strumenti scientifici I satelliti di tipo A portano a bordo un set di sei rilevatori: 1. **Copernicus Sentinel 5** , conosciuto anche come UVNS, che è in grado di sondare in una risoluzione spettrale da 0,06 a 1 nm nelle lunghezze d'onda tra 0,27 e 2,4 μm, con un'area di 5 km x 5 km o 10 km x 10 km, a seconda della specifica banda di frequenza; 2. **MWS** , un rilevatore a microonde che raccoglierà dati sui profili di umidità e temperatura atmosferici. Esso consente lo studio in qualsiasi condizione meteorologica su un'ampia regione dello spettro elettromagnetico tra 23,8 e 229 GHz, coprendo un'area compresa tra 17 e 40 km al nadir, a seconda del specifica banda di frequenza; 3. **3MI** , acronimo di Multi-viewing Multi-channel Multi-polarisation Imaging (3MI), che raccoglierà dati sugli aerosol sospesi in atmosfera a risoluzione moderata nella regione spettrale che va dall'ultravioletto (0,410 μm) all'infrarosso a onde corte (2,13 μm), a una distanza di campionamento di 4 km; 4. **RO**(Radio Occultation), che studia le proprietà atmosferiche osservando la variazione del segnale di vari sistemi GNSS come GPS, GALILEO, BEIDOU, GLONASS e COMPASS quando questi attraversano l'atmosfera stessa; 5. **IASI-NG** , la nuova generazione del rilevatore atmosferico a infrarossi già imbarcato sui METOP di prima generazione, che fornirà profili di temperatura e umidità atmosferica a varie quote, nonché i livelli di ozono e altri gas. Esso copre un'ampia fascia di sondaggi iperspettrali nell'infrarosso in quattro bande, con un dominio tra da 3,62 e 15,5 μm a un campionamento spaziale di circa 15 km (al nadir); 6. **METimage** , per lo studio delle nuvole e della temperatura della coperture nuvolosa, del ghiaccio e della superficie dei mari, oltre che delle proprietà del suolo terrestre. Lo farà tramite immagini ottiche multiuso a risoluzione moderata in oltre 20 canali spettrali, che vanno da 0,443 a 13,345 μm con una distanza di campionamento spaziale al nadir di 500 m (250 m in due canali). Altri quattro strumenti (SCA, MWI, ICI e ADCS) saranno imbarcati sul primo satellite di tipo B, il cui lancio è previsto nella seconda metà del 2026. ## Una piattaforma fortemente autonoma I satelliti della serie METOP-SG sono stati sviluppati sulla base delle più moderne tecnologie non solo in termini di strumenti scientifici, ma anche di piattaforma operativa. Grazie all'utilizzo delle funzionalità di autonomia di bordo, per il sua operatività nominale la missione non richiede l'invio periodico di comandi dal centro di controllo. A bordo sono presenti un "sistema di rilevazione e correzione degli errori" (FDIR – Fault Detection, Isolation, and Recovery) e un propagatore orbitale che consente il rilascio di comandi alle varie utenze basato sulla posizione del satellite sulla sua orbita. Quest'ultimo consiste in un piano di missione permanente basato su un ciclo di 29 giorni / 412 orbite / 14,2 orbite/giorno, gestito dal software della piattaforma. Sono completamente autonome, quindi, attività come la trasmissione di telemetria _housekeeping_ in banda S, quella di dati scientifici in banda Ka e il comando di calibrazioni e modi osservativi specifici ai vari strumenti. Il centro di controllo a Terra interverrà direttamente solo in risposta ad anomalie o per comandare operazioni speciali come la manutenzione straordinaria dell'orbita o degli strumenti, o per manovre anti-collisione, oltre che per deorbitare in modo controllato i satelliti della serie una volta giunti al termine della loro vita operativa. https://youtu.be/nC3a92l4_3c ## Il programma EPS/METOP-SG MetOp-SG è una parte vitale dell'impegno dell'Europa nel fornire informazioni accurate e tempestive per le previsioni meteorologiche, il monitoraggio climatico e la gestione ambientale. I dati di questi satelliti contribuiranno a proteggere vite umane, a sostenere le economie e a migliorare la comprensione del nostro pianeta. Mentre la prima serie METOP era composta da tre osservatori individuali immessi in orbita ogni sei anni, la nuova missione METOP-SG comprende tre coppie successive di satelliti. Ogni coppia METOP-SG è composta da un'unità di tipo A e da una di tipo B, che trasportano una serie diversa, ma complementare, di strumenti scientifici. Il pacchetto comprende dieci strumenti diversi su entrambi i satelliti, alcuni dei quali basati sull'esperienza della prima serie METOP, altri completamente nuovi. Il Sistema Polare EUMETSAT (EPS) è stato sviluppato da EUMETSAT a partire dal 2000 con i satelliti METOP di prima generazione lanciati nell'ottobre 2006 e nel settembre 2012. L'ultimo satellite METOP di prima generazione, METOP-C, è stato lanciato nel 2018. Successivamente è stato definito il Sistema Polare EUMETSAT di seconda generazione (EPS-SG), con l'obiettivo di fornire continuità ai servizi operativi dell'EPS per la meteorologia e il monitoraggio dei cambiamenti climatici. EPS-SG è necessario per garantire la transizione dall'EPS dal 2025 in poi, e si prevede che continuerà a operare fino al 2042. In qualità di successore del Programma EPS, il Programma EPS-SG continuerà a supportare e migliorare i servizi principali di meteorologia operativa e monitoraggio climatico dall'orbita polare. Fornirà osservazioni a supporto di un ampio ventaglio di applicazioni presso i servizi meteorologici nazionali e altre entità operative degli Stati membri e cooperanti di EUMETSAT, e di altre collaborazioni internazionali. In particolare, le previsioni meteorologiche numeriche su scala regionale e globale trarranno vantaggio dai nuovi sensori per misurare temperatura e umidità nell'infrarosso, nelle microonde e nella radio-occultazione, dallo studio dei moti atmosferici nelle zone polari estratti da immagini ottiche, da nuove misurazioni di precipitazioni e nubi effettuate da _imager_ operanti in banda ottica, submillimetrica e delle microonde, e dalla misura ad alta risoluzione dei venti sulla superficie oceanica dell'umidità del suolo estratta dalle osservazioni con scatterometro. Le missioni di imaging e scatterometria supporteranno anche il _nowcasting_ (previsioni meteorologiche a brevissimo termine) ad alte latitudini, dove non sono disponibili misurazioni geostazionarie. A questa applicazione si aggiungono l'oceanografia operativa attraverso la fornitura di vettori del vento superficiale oceanico, temperatura superficiale del mare, copertura di ghiaccio marino e altri dati marini. Le applicazioni relative alla composizione atmosferica, in particolare il monitoraggio e la previsione della qualità dell'aria, dell'ozono, degli aerosol e delle ceneri vulcaniche, nonché della radiazione ultravioletta superficiale, saranno supportate da osservazioni ad alta risoluzione nella banda che va dall'ultravioletto all'infrarosso termico. L'idrologia operativa e la gestione delle risorse idriche saranno supportate da misurazioni di precipitazioni, umidità del suolo e neve. ## Video e immagini EUMETSAT ha dedicato un album Flickr a METOP-SG, mentre per gli amanti della documentazione più completa, ecco il video completo della diretta del lancio. https://youtu.be/lc0kyvSZGiI Fonti: EUMETSAT, ESA
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August 25, 2025 at 9:38 AM
Aggiornamenti dal sistema solare: luglio 2025
Mentre permangono le incertezze sul futuro di molte missioni statunitensi a causa dei tagli alla spesa proposti da Trump, ci consoliamo con le notizie provenienti dal sistema solare. Sono passati 60 anni da quella prima fotografia parecchio sgranata di un pianeta che non fosse la Terra. Era infatti il 14 luglio 1965 quando la sonda della NASA Mariner 4 ci inviò per la prima volta un'immagine ravvicinata di Marte. Un articolo della NASA ripercorre le principali tappe dello sviluppo delle foto interplanetarie. In ottica futura, sempre Marte è protagonista della notizia che vede dei nuovi test effettuati sul paracadute di Exomars, la prossima missione marziana dell'ESA messa in pausa qualche anno fa, dopo l'invasione russa dell'Ucraina che aveva precluso la collaborazione con Roskosmos. Di seguito il dettaglio delle missioni attive e di quelle in fase di preparazione. ### In preparazione per il lancio Non ci sono al momento nuove missioni interplanetarie in preparazione per il lancio, almeno fino alla fine del 2026, quando si aprirà la finestra di lancio per Marte. Una delle missioni previste è **EscaPADE** (NASA). La sonda potrebbe essere pronta già a settembre 2025, ma è improbabile che venga lanciata al di fuori della finestra di lancio ottimale, a meno che il vettore New Glenn di Blue Origin non la conduca su una traiettoria non-standard. ### Nel sistema solare interno A parte le incertezze sui finanziamenti alla NASA che potrebbero portare a concludere alcune missioni, per il momento non ci sono grandi aggiornamenti sulle sonde in giro per il sistema solare interno. **Solar Orbiter (SolO)**, dell’ESA, **Parker Solar Probe** (NASA) e **STEREO A**  (NASA) continuano a studiare il Sole. Tutte le altre sonde sono in viaggio verso il loro prossimo obiettivo, sempre che i tagli ai fondi non pongano fine alle loro missioni. **Hera** (ESA), con i due piccoli CubeSat **Milani** __ e **Juventas** , è diretta verso l’asteroide _Didymos_ e il suo satellite _Dimorphos_. **BepiColombo** (ESA/JAXA) sta aspettando che la propria orbita la porti nelle vicinanze di Mercurio nel 2026, anno in cui tenterà l'immissione in orbita intorno al primo pianeta del sistema solare. **OSIRIS-APEX** (NASA) è invece diretta verso _Apophis_ dopo aver raccolto campioni rocciosi da _Bennu_. **Hayabusa 2# **(JAXA) ha come prossimo obiettivo l’asteroide _Torifune_. Infine **Tianwen-2** (CNSA), partita lo scorso maggio, procede senza problemi verso l’asteroide 469219 Kamoʻoalewa e la cometa 311P/PANSTARRS. https://youtu.be/NBv3JdnlBIw?feature=shared L'asteroide (1126) Otero osservato da lontano da Hera (ESA) ### La flotta marziana Sette sono gli orbiter al momento impegnati, senza particolari aggiornamenti, nell’osservazione marziana. Si tratta di Mars Odyssey, **Mars Reconnaissance Orbiter**  e **MAVEN** (NASA), **Mars Express** (ESA), **Trace Gas Orbiter** (ESA/Roskosmos), **Tianwen-1** (CNSA) e **Al-Amal** (MBRSC). https://fosstodon.org/@andrealuck/114842212205363208 Siamo giunti al sol numero 1.590 per **Perseverance** (NASA) sulla superficie del pianeta rosso. Il rover continua a esplorare il bordo del cratere _Jezero_ , con diversi siti visitati recentemente caratterizzati da una presenza di piccole rocce distribuite sul terreno. Il rover ha finora percorso complessivamente 36,3 km. È invece il sol 4.625 per l’altro rover ancora attivo su Marte, **Curiosity** (NASA), che continua l’esplorazione del cratere _Gale_  e del monte _Sharp_ , sulle cui pendici ha ormai percorso 35,6 km. ### Nel sistema solare esterno La sonda **Lucy** (NASA) sta viaggiando per il sistema solare, diretta verso gli asteroidi Greci e Troiani di Giove. Dopo aver già visitato gli asteroidi (152830) _Dinkinesh_ e (52246) _Donaldjohanson_ , entrambi della fascia principale, adesso dovremo aspettare altri due anni prima che Lucy raggiunga i suoi prossimi obiettivi, gli asteroidi Greci Eurybates e Polymele insieme ai loro piccoli satelliti. **Psyche** (NASA) è invece diretta verso l’omonimo asteroide metallico della fascia principale, che raggiungerà nel 2029. Il 7 luglio la sonda è stata utilizzata nell'esperimento _Deep Space Optical Communication_ (DSOC) dell'Agenzia spaziale europea. la quale ha collaborato con NASA per dimostrare le potenzialità delle comunicazioni via laser, grazie a due stazioni ottiche in Grecia. Anche **Europa Clipper** (NASA) e **JUICE** (ESA) sono nella lunghissima fase di crociera verso la loro destinazione finale, il sistema di Giove. La prima ha come obiettivo Europa, che raggiungerà nell’aprile del 2030, mentre la seconda arriverà su Giove nel 2031, prima di entrare in orbita intorno a Ganimede. Ad agosto la sonda europea farà anche un sorvolo ravvicinato di Venere. La sonda **Juno** (NASA) è invece in orbita intorno a Giove da molti anni. Il 13 luglio ha portato a termine il sorvolo ravvicinato PJ74 del pianeta gigante, quindi la sonda è a sole due orbite dalla fine della propria missione, che dovrebbe avvenire a settembre. Ormai diretta fuori dal sistema solare **New Horizons** (NASA), attualmente a 61 UA dalla Terra, la sonda più lontana con uno strumento ottico ancora attivo. Il mese scorso, infatti, le immagini provenienti dalla camera di bordo sono state utilizzate per calcolare la posizione della sonda, in una sorta di sistema di navigazione ottico, con una precisione di circa una unità astronomica. Anche **Voyager 1** e **Voyager**  **2** proseguono il loro viaggio di allontanamento dal sistema solare, rispettivamente, a circa 168 e 140 UA dalla Terra. ### Riassunto missioni Evoluzione della posizione delle sonde del sistema solare nel mese di luglio 2025. Credit: ISAA/P. Portaluri Gli aggiornamenti per questo mese sono giunti al termine, continuate a seguirci e ci risentiamo il prossimo mese con gli aggiornamenti dal sistema solare!
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August 25, 2025 at 9:38 AM
Hera cattura le prime immagini di due asteroidi
L'Agenzia spaziale europea (ESA) ha reso noto che Hera ha completato con successo le osservazioni dei corpi rocciosi Otero e Kellyday, effettuate attraverso l’ _Asteroid Framing Camera_ , lo strumento a bordo della sonda che ha il duplice scopo di supportare la navigazione e consentire la raccolta di dati scientifici. Lanciata il 7 ottobre 2024 da Cape Canaveral, in Florida, Hera ha il compito di condurre osservazioni sull’asteroide Didymos, attorno al quale orbita Dimorphos, colpito nel 2022 dalla sonda della missione DART. L'obiettivo della NASA era comprovare la possibilità di deviare l’orbita di un corpo roccioso, in vista di futuri scenari di difesa planetaria contro impatti potenzialmente pericolosi. La cattura delle immagini dei due asteroidi, resa particolarmente complessa dalla loro distanza e scarsa luminosità, rappresenta un successo per l’ESA. L’operazione ha permesso di testare sia la fotocamera di bordo, sia la capacità di eseguire manovre rapide e precise a grande distanza, un’abilità fondamentale per scenari spaziali futuri che richiedano interventi tempestivi. Le orbite di Didymos, Otero e del sistema solare interno rispetto alla posizione di Hera durante le osservazioni. Crediti: ESA Dopo aver sfruttato la gravità di Marte per aumentare la propria velocità nel marzo 2024 e aver attraversato la fascia principale di asteroidi nel maggio 2025, Hera ha diretto la sua traiettoria verso Otero, un asteroide scoperto circa un secolo fa. Questo piccolo corpo roccioso e brillante, spesso erroneamente scambiato per una stella, è risultato particolarmente adatto al collaudo della strumentazione e delle operazioni di volo a causa della sua traiettoria, dopo un attento confronto con centinaia di migliaia di altri asteroidi candidati. ### Otero e Kellyday Il viaggio di Hera nello spazio profondo, prima di raggiungere Didymos, rappresenta un’opportunità per testare la strumentazione scientifica di bordo, verificare la rapidità operativa nelle osservazioni e rafforzare la fiducia nelle capacità della missione. Secondo quanto dichiarato da Giacomo Moresco, Flight Dynamics Engineer presso l'_European Space Operations Centre_ (ESOC) a Darmstadt, in Germania, anche Didymos, in modo simile a Otero, sarà un piccolo puntino luminoso tra le stelle e la sonda, dopo averlo rapidamente identificato, dovrà mantenerlo costantemente inquadrato attraverso la sua fotocamera per tutto il tempo necessario. Dopo la decisione di effettuare i primi collaudi su Otero, sono state necessarie due settimane di preparazione. Una volta completata la fase di configurazione e agganciato l’asteroide, Hera ha mantenuto l’inquadratura per circa tre ore, catturando un’immagine ogni sei minuti e seguendo con successo il movimento del corpo roccioso nel cielo. In questo modo è stata confermata la rapida capacità di osservazione nello spazio profondo di un oggetto identificato da poco tempo. Rappresentazione delle varie componenti della sonda: in [A] è rappresentata la _Asteroid Framing Camera_. Crediti: ESA Il 19 luglio 2025, la fotocamera di Hera è stata puntata verso un secondo obiettivo, ancora meno luminoso di Otero, circa 40 volte più scuro. Secondo quanto dichiarato da Moresco, l’operazione ha spinto con successo la strumentazione ai limiti delle sue capacità operative, contribuendo ad accrescere la fiducia complessiva nel sistema. Le lezioni apprese da questo tipo di osservazioni sono particolarmente utili per la difesa planetaria. Infatti, se venisse scoperto un oggetto potenzialmente pericoloso per la Terra e nei suoi pressi si trovasse già presente una sonda, sarebbe estremamente vantaggioso poter effettuare osservazioni ravvicinate per studiare meglio l’asteroide e predisporre, se necessario, una strategia di difesa adeguata. Un esempio recente è rappresentato dall’asteroide 2024 YR4: all’inizio del 2025, la comunità astronomica ha iniziato a osservarlo dalla Terra, poiché i primi calcoli indicavano una piccola probabilità di impatto con il nostro pianeta tra il 2032 e il 2033. Questa eventualità è stata successivamente esclusa grazie a dati più precisi. In un caso simile, se una sonda come Hera si fosse trovata in una posizione strategica nelle vicinanze dell’oggetto, avrebbe potuto effettuare un’osservazione ravvicinata non programmata, fornendo preziose informazioni supplementari. I risultati ottenuti dalla recente cattura delle immagini degli asteroidi Otero e Kellyday sono molto promettenti per la valutazione delle prestazioni della missione, il cui arrivo presso il sistema binario di Didymos e Dimorphos è previsto per il 2026. Lo studio di questi due corpi rocciosi contribuirà ad approfondire la conoscenza delle deviazioni orbitali e degli effetti delle collisioni, con l’obiettivo di validare in modo concreto questa tecnica per deflettere la traiettoria degli asteroidi potenzialmente pericolosi. Fonte: ESA
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August 11, 2025 at 9:35 AM
Kate Rubins lascia la NASA
L'astronauta e microbiologa statunitense Kate Rubins si è congedata dalla NASA, il 28 luglio 2025 scorso, dopo 16 anni di onorato servizio. In questo periodo ha completato due missioni di lunga durata nella Stazione Spaziale Internazionale, ha preso parte a quattro attività extraveicolari e totalizzato 300 giorni trascorsi nello spazio. Ogni anno sono diversi gli astronauti che per vari motivi lasciano l'Agenzia spaziale statunitense. Lo possiamo considerare un _turnover_ fisiologico legato all'elevata caratura professionale, alla notevole preparazione ed esperienza nei più disparati campi scientifici e tecnologici di queste persone che spesso vanno ad assumere incarichi manageriali in aziende aerospaziali private. Tuttavia, ci è sembrato interessante sottolineare il caso dell'ormai ex astronauta Kate Rubins, che è stata la prima persona a sequenziare il DNA nello spazio. «Voglio estendere la mia sincera gratitudine a Kate per la sua dedizione ai progressi del volo spaziale umano», ha dichiarato Steve Koerner, direttore ad _interim_ del Johnson Space Center della NASA di Houston. «Ci lascia un'eredità di eccellenza e d'ispirazione, non solo per la nostra agenzia, ma anche alla comunità scientifica e medica. Congratulazioni Kate, per una carriera straordinaria.» La prima missione di Rubins nell'avamposto orbitale internazionale è iniziata il 7 luglio 2016, a bordo della Sojuz MS-01 come membro delle Expedition 48/49 dal Cosmodromo di Bajkonur, Kazakistan. Durante questa sua prima esperienza, Rubins ha partecipato ad oltre 275 differenti esperimenti scientifici che hanno incluso delle ricerche nella biologia cellulare e molecolare, nella fisiologia umana, nella fisica dei fluidi e della combustione, nelle scienze della Terra e dello spazio e nello sviluppo della tecnologia. 13 settembre 2016, Kate Rubins al lavoro con la Microgravity Science Glovebox. Credit: NASA Rubins è stata la prima a sequenziare il DNA nello spazio, analizzando la concatenazione di oltre due miliardi di coppie di basi di DNA durante una sere di esperimenti per studiare l'analisi della successione di nucleotidi in microgravità. Inoltre ha anche coltivato delle cellule cardiache (cardiomiociti) in apposite colture e ha svolto esperimenti quantitativi di PCR (_Polymerase Chain Reaction_ – Reazione a catena della polimerasi), la tecnica ampiamente utilizzata in biologia molecolare, per amplificare, per creare molte copie di una sequenza specifica di DNA. Il suo lavoro ha consentito significativi progressi con la diagnostica molecolare di bordo, con le colture cellulari a lunga durata e con lo sviluppo di strumenti e processi per la biologia molecolare. Inoltre ha guidato l'integrazione e l'implementazione di _hardware_ biomedico a bordo della stazione spaziale. Nel corso questa sua prima missione spaziale Kate Rubins ha partecipato a due attività extraveicolari (EVA) durate complessivamente 12 ore e 46 minuti. 1 settembre 2016, Kate Rubins il durante la sua prima EVA. Credit: NASA Il 14 ottobre 2020 prende nuovamente la via per lo spazio da Bajkonur con la capsula Sojuz, per la seconda missione di sei mesi nell'avamposto orbitante. Durante Expedition 64 la dottoressa Rubins ha trascorso centinaia di ore lavorando sui nuovi esperimenti di bordo e proseguendone alcuni iniziati nella sua prima missione. Inoltre l'astronauta statunitense ha portato avanti il suo lavoro con il sequenziamento del DNA, i frutti del quale un giorno, potrebbero permettere agli astronauti di diagnosticare una malattia mentre sono nello spazio e di identificare i microbi che crescono a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Rubins ha lavorato sull'esperimento _Cardinal Heart_ , che studia i meccanismi con cui la microgravità influenza le cellule cardiovascolari. I risultati di questo importante studio potrebbero aiutare a comprendere meglio lo sviluppo di alcuni problemi cardiaci sulla Terra. Inoltre si potrebbero identificare nuove tipologie di trattamenti e sviluppare delle opportune metodologie di screening per valutare e prevedere rischi cardiovascolari prima di un volo spaziale. 5 gennaio 2021, Kate Rubins Flight Engineer dell' Expedition 64 studia l'invecchiamento e l'indebolimento del muscolo cardiaco causato dal volo spaziale per l'esperimento Cardinal Heart. L'esperimento impiega tessuti cardiaci trattati e viene svolto nella Life Sciences Glovebox situata nel laboratorio giapponese Kibo. Credit: NASA Nel corso della sua seconda missione spaziale, Kate Rubins ha preso parte a due EVA: la prima con Victor Glover, durata 7 ore e 4 minuti, e la seconda con Soichi Noguchi, che è protratta per 6 ore e 56 minuti, portando il suo totale complessivo di attività extraveicolare in carriera a 26 ore 46 minuti. «Partendo dal suo lavoro pionieristico nello spazio, per arrivare alla sua leadership sulla Terra, Kate ha portato passione ed eccellenza in tutto ciò che ha fatto», ha dichiarato Joseph Acaba, capo dell'Ufficio astronauti della NASA presso il Johnson Space Center della NASA di Houston. «È stata una compagna di squadra incredibile e un modello di riferimento. Ci mancherà immensamente, ma il suo esempio continuerà ad ispirarci». Il contributo che la dottoressa Rubins ha dato alla NASA non ha solo riguardato la sua partecipazione alle missioni spaziali. Infatti è stata anche vicedirettrice ad interim dell'_Human Health and Performance Directorate_ della NASA, dove ha contribuito a definire le strategie per la tutela della salute degli equipaggi e per la ricerca biomedica. Recentemente ha partecipato allo sviluppo delle tute lunari di nuova generazione, in preparazione delle future missioni Artemis sulla Luna. 22 gennaio 2021, Kate Rubins, Flight Engineer dell' Expedition 64 posa durante le attività di sequenziamento del DNA per un esperimento che mira a diagnosticare determinate condizioni mediche e ad identificare i microbi. Rubins è stata la prima astronauta a sequenziare il DNA nello spazio nel 2016, durante l'Expedition 48. Credit: NASA Prima di essere selezionata dalla NASA nel luglio del 2009 assieme ad altri otto candidati astronauti, Rubins ha conseguito una laurea in Biologia Molecolare presso l'Università della California a San Diego, e un dottorato in biologia del cancro presso il Dipartimento di Biochimica, Microbiologia e Immunologia della facoltà di Medicina dell'Università di Stanford. Al ritorno dalla sua seconda missione spaziale, Rubins è stata arruolata come maggiore nella Riserva dell'Esercito degli Stati Uniti, prestando servizio come microbiologa nel Corpo di Servizio Medico. Attualmente ricopre il ruolo di responsabile dell'innovazione presso il Distaccamento MedBio del 75° Comando di Innovazione della Riserva dell'Esercito statunitense, con sede a Boston. Kate Rubins è di frequente relatrice in eventi scientifici, formativi e di settore sulla biologia spaziale, sull'ingegneria biomedica e sull'esplorazione umana, sostenendo le missioni scientifiche ed esplorative della NASA. Anche dopo aver lasciato il servizio governativo, Rubins rimane impegnata a promuovere l'innovazione nell'intersezione fra biologia, tecnologia e spazio. Kate Rubins relatrice al simposio del National Human Genome Research Institute (NHGRI ) nel novembre 2024. Credit: per gentile concessione del NHGRI Kathleen Hallisey “Kate” Rubins è nata il 14 ottobre 1978 a Farmington, Connecticut ed è sposata con Michael Magnani. «È stato un onore vivere e lavorare nello spazio», ha detto Rubins. «Sono grata per gli straordinari progressi alla NASA, ed è stato un privilegio servire e contribuire a qualcosa di così significativo. La missione di esplorazione continua, e non vedo l'ora di osservare questa nazione realizzare ciò che un tempo sembrava impossibile». Fonte: NASA
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August 11, 2025 at 9:35 AM
Gli astronauti di Crew-11 sono in viaggio: destinazione la ISS
Il primo agosto 17:43 italiane è decollato dal Launch Complex 39A del Kennedy Space Center, in Florida, il Falcon 9 seriale B1094: sulla sommità del secondo stadio era montata la Crew Dragon Endeavour con a bordo i quattro astronauti della missione Crew-11. Come suggerisce il nome, si tratta dell'undicesima missione di lunga durata della navetta di SpaceX presso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) nell'ambito del _Commercial Crew Program_ (CCP). https://youtu.be/k0ILMhbWHNQ?t=15068 _La diretta ufficiale del lancio, già impostata a dieci secondi dal decollo._ I protagonisti di questa missione sono la comandante Zena Cardman e il pilota Mike Fincke, entrambi dell'Agenzia spaziale statunitense (NASA). I due sono accompagnati dagli specialisti di missione Kimiya Yui e Oleg Platonov, rispettivamente rappresentati degli enti spaziali del Giappone, JAXA, e della Russia, Roskosmos. Si tratta di un equipaggio variegato dal punto di vista dell'esperienza. Fincke è infatti al quarto volo: due missioni sulla Sojuz (TMA-4 nel 2004 e TMA-13 nel 2008) e una sullo Space Shuttle Endeavour (STS-134 nel maggio 2011, ultima di Endeavour e penultima del programma Shuttle). Fincke era stato anche assegnato al Crew Flight Test della capsula CST-100 Starliner di Boeing, l'altra vincitrice nel CCP, in qualità di _comandante per le operazioni congiunte_. L'elevata preparazione dell'equipaggio di questa missione di prova (Butch Wilmore e Sunita Williams) e continui spostamenti nella partenza indussero NASA a cambiargli ruolo in pilota di riserva. Wilmore e Williams, o meglio i problemi alla capsula su cui hanno volato, sono responsabili anche della presenza di Cardman: inizialmente l'astronauta era stata designata come comandante di Crew-9, assieme al pilota Nick Hague (NASA) e agli specialisti di missione Aleksandr Gorbunov (Roskosmos) e Stephanie Wilson (NASA). Le criticità emerse durante il volo spinsero NASA, dopo diverse settimane di prove, alla drastica decisione di far rientrare Starliner senza nessuno a bordo. L'equipaggio di Crew-9 venne quindi ridotto a due componenti: Cardman e Wilson vennero sollevate dall'incarico, con la promessa di un'assegnazione in una successiva missione. https://www.astronautinews.it/2024/08/nasa-ha-deciso-sunita-williams-e-barry-wilmore-resteranno-sulla-iss/ Assieme a Cardman intraprenderà la prima missione spaziale anche Platonov, riserva del collega Kirill Peskov su Crew-10. Al ritorno in orbita per la seconda volta sarà invece Yui: l'astronauta giapponese aveva volato l'ultima volta tra il luglio e il dicembre 2015, a bordo della Sojuz-17M. Per continuare a dare qualche numero, si tratterà del sesto volo in assoluto della capsula Endeavour: fu chiamata così nel maggio 2020 da Doug Hurley e Bob Behnken durante Demo-2, la prima missione in assoluto con un equipaggio per una Crew Dragon. A questa seguirono tre missioni di lunga durata verso la ISS (Crew-2, Crew-6 e Crew-8) e una più breve: Axiom-1, la prima missione commerciale effettuata da una società privata verso la Stazione. Si tratta della prima Crew Dragon a volare così tante volte e dal momento che la certificazione NASA era solo per cinque missioni, sono stati effettuati ulteriori controlli e ci sono stati contatti diretti con tra l'agenzia e SpaceX per monitorare tutte le operazioni di riutilizzo. Questo non ha impedito all'azienda di apportare migliorie: William Gerstenmeier, vicepresidente del reparto costruzione e affidabilità del volo, ha comunicato durante una conferenza prima del lancio che i _drogue chutes_ , i primi paracadute che vengono aperti durante il rientro, presentano un «design nuovo e più efficace». Oltre a questo ci sono stati anche dei perfezionamenti nella «struttura dello scudo termico» Il primo stadio è invece al terzo volo: dopo la missione Starlink 12-10 di fine aprile, ha lanciato Axiom-4 a fine giugno 2025. La perdita di ossigeno liquido osservata durante l'ultima missione è stata oggetto di domande da parte dei giornalisti presenti. Steve Stich, Program Manager del CCP, ha detto che NASA ha supervisionato ogni momento della vita del razzo: dai test alle varie missioni, passando per le operazioni di ricondizionamento. ### La missione Il decollo della missione era originariamente previsto per il 31 luglio, alle 18:09 italiane. Gli astronauti avevano già lasciato l'edificio in cui avevano indossato le tute e, come da tradizione, avevano giocato a _Possum Fargo_ con un altro astronauta, in questo caso Joe Acaba. L'equipaggio gioca a carte fino a quanto il comandante perde: così facendo si ci libera di tutta la sfortuna e la missione non può che andare bene. https://twitter.com/NASASpaceflight/status/1950896662898942410 Gli astronauti avevano quindi salutato i propri familiari e amici e si erano diretti verso il complesso di lancio: dopo un'ultima chiamata a casa, si erano sistemati ai propri posti nella capsula Endeavour e avevano completato tutte le operazioni preliminari al lancio. Mancava soltanto poco più di un minuto quando è stato comunicato il posticipo della missione: il responsabile è stato il meteo, che ha portato le condizioni al di fuori dei vincoli di sicurezza previsti. Dal momento che la finestra di lancio verso la stazione spaziale è istantanea, sono iniziate le procedure per il drenaggio dei serbatoi del Falcon 9 e il rientro dell'equipaggio negli alloggi. https://twitter.com/NASASpaceflight/status/1950951876301627782 Per proteggere gli astronauti e le tute dalla pioggia che nel frattempo era arrivata sul sito di lancio, il personale di supporto ha fatto indossare delle speciali cerate ai quattro astronauti. https://twitter.com/ENNEPS/status/1950978646258160006 Il giorno successivo, il meteo è rimasto buono e non ci sono stati problemi: il razzo è decollato e il primo stadio è stato recuperato sulla Landing Zone 1. La capsula si è poi separata dal secondo stadio e si è quindi diretta verso la Stazione Spaziale Internazionale. L'avvicinamento automatico all'avamposto spaziale durerà meno del solito: circa 15 ore rispetto ad una mediana di 27. La posizione della Dragon si può seguire in tempo reale su un sito dedicato di SpaceX. https://twitter.com/SpaceX/status/1951311754950222282 Endeavour attraccherà altrettanto automaticamente al modulo Harmony: seguiranno dei controlli per assicurare il corretto ancoraggio alla Stazione e alla tenuta del corridoio di collegamento. Una volta entrati i quattro terranno la rituale cerimonia di benvenuto a bordo. Da quel momento in poi si uniranno come ingegneri di volo ad Expedition 73, effettuando diversi esperimenti scientifici e attività di comunicazione con la Terra: parleranno con studenti, giornalisti e comunità, raccontando delle attività in corso e dell'importanza di avere un laboratorio come la ISS. Dal momento che la missione durerà fino ad aprile 2026, sette mesi in totale, formalmente faranno anche parte di Expedition 74, che inizierà con il distacco della Sojuz MS-27. Non è detto però che i mesi siano effettivamente sette: rispondendo ad una domanda, Stich ha comunicato che NASA «è al lavoro per estendere la durata delle missioni delle Crew Dragon». L'allungamento è necessario per allinearsi a quello voluto recentemente Roskosmos. Serviranno un paio di mesi per revisionare tutti i dati e poi sarà data una comunicazione ufficiale. Ad oggi la Dragon è certificata per 210 giorni in orbita, ma ha già dimostrato di poter rimanere in sicurezza nello spazio per molto di più: durante la missione Crew-8, a causa delle condizioni sfavorevoli nelle zone di rientro, la missione durò complessivamente 235 giorni. Tra gli esperimenti più interessanti ne spicca uno di NASA sulla salute degli astronauti impegnati in missioni nello spazio profondo, come ad esempio quelle del programma Artemis. Tra le cose che simuleranno ci sono atterraggi sulla Luna, tattiche per salvaguardare la vista e altri esperimenti di fisiologia guidati dallo _Human Research Program_ dell'agenzia. Per la discesa sulla superficie lunare utilizzeranno degli schermi e un controller, nonostante la maggior parte delle operazioni sarà automatica: l'esperimento è stato effettuato prima della partenza e sarà ripetuto al ritorno, per vedere come le capacità di comando del lander lunare cambino a seconda dell'ambiente e delle condizioni di microgravità. Altri esperimenti studieranno la divisione cellulare delle piante, gli effetti della microgravità su alcuni batteri in grado di uccidere dei virus ed effettueranno esperimenti per produrre un elevato numero di cellule staminali umane e generare nutrienti, come le vitamine, quando necessario. ### Un probelma insolito Come parte delle verifiche che precedono il lancio, il Falcon 9 è stato portato al sito di lancio il 27 luglio e verticalizzato il giorno successivo, in previsione di uno static fire. Si tratta di un'accensione di qualche secondo dei motori, per verificare che tutti i sistemi funzionino correttamente. https://twitter.com/SpaceX/status/1949514698191147125 A 57 secondi dall'accensione, i sistemi del razzo hanno abortito la procedura: il motivo è stato comunicato da SpaceX qualche ora più tardi e ha riguardato l'indicatore della posizione di un sottosistema del _transporter erector_ , la struttura che trasporta e verticalizza il Falcon 9. Si è trattato di un problema insolito e che potrebbe essere la prima volta che viene menzionato, almeno ufficialmente. Il Falcon 9 è infatti da sette anni nella versione finale, chiamata Block 5, e ha accumulato oltre 450 lanci: spesso le interruzioni negli static fire sono state dovute a perdite di carburante oltre i limiti, letture errate nei sensori o problemi ai motori. Il 29 luglio si è comunque tenuto uno static fire, che ha dato esito positivo. https://twitter.com/SpaceX/status/1950245288389812334 NASA (1), conferenza stampa pre lancio, NASA (2).
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August 11, 2025 at 9:35 AM
Intervista a Sergio Palumberi, ESA Mission Manager della missione Axiom-4
Si è appena conclusa, il 20 luglio 2025 scorso, la missione privata Axiom-4 che ha permesso a quattro membri dell'equipaggio di raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) e condurre numerosi esperimenti durante i 18 giorni di permanenza a bordo. Tra di loro c'era l'astronauta Sławosz Uznański-Wiśniewski, al suo primo volo nello spazio, che ha promosso la missione Ignis dell'Agenzia spaziale europea (ESA), finanziata dal governo polacco e in coordinamento con l'Agenzia spaziale polacca (POLSA). Nel ruolo di _Project Manager_ e _Mission Manager_ per le attività di ESA durante la missione, c'era l'amico Sergio Palumberi, storico utente di ForumAstronautico, collaboratore di AstronautiNews, e socio ISAA, che lavora presso l'ESA Columbus Control Centre (Col-CC), di Oberpfaffenhofen, nei pressi di Monaco di Baviera in Germania. Già relatore durante un passato AstronautiCon, ospite di AstronautiCast e nel recente AstronautiMeet dello scorso marzo, ancora una volta si è prestato a rispondere alle nostre domande. **AN: Ci puoi descrivere in cosa consiste il ruolo di mission manager durante una missione sulla ISS.** SP: Il ruolo del mission manager si può descrivere in breve con tre parole in inglese: "_make it happen_ ". Per ogni missione spaziale ci sono molti aspetti da considerare: la scienza, l'ingegneria, la logistica, la sicurezza degli astronauti, la sicurezza informatica, l'addestramento, le pubbliche relazioni, le operazioni, e così via. Per ognuno di questi aspetti, ci sono dei team dedicati, e per ognuno di questi team c'è una persona che coordina il lavoro del proprio team per gli aspetti di quella specifica missione. Il mission manager supervisiona tutti questi team e si assicura che il loro lavoro porti ad essere pronti in tempo, per poter eseguire con successo tutti gli obiettivi di missione, secondo le priorità definite. E durante l'esecuzione continua a coordinare questi team per verificare che tutto vada secondo i piani, e che si trovino soluzioni ai problemi che inevitabilmente sorgono, perché a fine missione ogni obiettivo sia stato pienamente raggiunto. **Molti dei nostri lettori sono studenti, qual è stato il tuo percorso di studi?** Mi sono diplomato come perito elettrotecnico, e poi ho preso una laurea magistrale in ingegneria aerospaziale al Politecnico di Torino, con tesi di laurea all'estero, all'Università di Stoccarda. Dopo la laurea, ho anche conseguito un master di secondo livello in ingegneria dei sistemi, nella prima edizione del master SEEDS, che continua ancora oggi. Però vorrei aggiungere che, quando gli studenti me lo chiedono, rispondo sempre che nelle missioni spaziali abbiamo bisogno di profili professionali di ogni tipo: ingegneri, fisici, chimici, biologi, dottori, ma anche giornalisti per le pubbliche relazioni, economi per gli aspetti finanziari, o avvocati per seguire gli aspetti legali, che sono importanti in ogni progetto internazionale. **Come si diventa mission manager?** Ci vuole un po' di fortuna, per trovarsi con il curriculum giusto nel momento giusto. Ma soprattutto credo si debba essere intraprendenti e cercare sempre di espandere i propri orizzonti. Come dicevo prima, il mission manager si deve occupare di tutti gli aspetti di una missione, e quindi deve capire almeno un po' il lavoro di tutti i team. Io ho iniziato nell'ingegneria e poi sono passato alle operazioni, dove ho lavorato sia per la ISS che per satelliti in GEO. Sicuramente mi ha aiutato molto lavorare sia in Thales Alenia Space che in Airbus e in DLR, perché ho imparato i loro diversi modi di lavorare, il loro ambiente, e la loro "lingua". Ma soprattutto, ho sempre cercato di infilarmi dappertutto, senza aspettare di essere invitato, per non perdere nessuna occasione di imparare qualcosa di nuovo, di conoscere qualcuno, e anche di farmi conoscere. **Quanto è durata la preparazione alla missione Axiom-4?** Normalmente la preparazione di una missione per la ISS dura circa un anno, mentre gli esperimenti richiedono di solito un paio d'anni di sviluppo, o anche di più. ESA ha cominciato a lavorare su Axiom 4 nell'autunno 2023, quindi sono passati quasi due anni prima del lancio. Questo è stato dovuto ai vari ritardi della missione, che inizialmente avrebbe dovuto lanciare nel 2024. Quindi, la preparazione della missione è stata un po' più lunga del normale, ma questo è stato benefico per gli esperimenti, che hanno avuto poco meno di un anno e mezzo per essere sviluppati e pronti al lancio. **A causa dei due rinvii del lancio (11 e 22 giugno per motivi tecnici) ti sei sentito sotto pressione?** È abbastanza normale che ci siano dei ritardi al lancio, per noi non è stato niente di nuovo. Un aspetto importante è tenere gli esperimenti biologici sempre pronti al lancio. Per gli scienziati questo significa stare in laboratorio al sito di lancio, per mantenere le colture batteriche e pulire e riempire di nuovo l'hardware di volo ad ogni tentativo di lancio. Un altro aspetto interessante è la quarantena. Per causa dei ritardi, l'equipaggio di Ax-4 è rimasto in isolamento per un mese. Per ogni suo astronauta, ESA assegna un dottore nel ruolo di Flight Surgeon, per seguire gli aspetti medici durante la preparazione, l'esecuzione e il rientro della missione. Questo dottore condivide l'isolamento con gli astronauti durante la quarantena, e ne controlla anche lo stato psicologico. Nel caso del nostro astronauta Sławosz Uznański-Wiśniewski, è andato tutto molto bene. Una recente immagine ripresa per una testata polacca Credit: Nauka W Polsce/Leszek Szymańsk **La pianificazione è stata rispettata? Gli obiettivi della missione sono stati raggiunti?** Gli imprevisti ci sono sempre. Per quanto si possa preparare tutto in ogni minimo dettaglio, come dice Goethe, "_grigia è ogni teoria e verde l'albero d'oro della vita_ ". La realtà riesce sempre a sorprenderci e a trovare qualcosa a cui non avevamo pensato. Ma se ci si è preparati bene, si è anche pronti a reagire agli imprevisti, e con un po' di fortuna e di fatica anche a risolvere in tempo ogni anomalia. E questo è stato il caso della missione Ignis, che ha raggiunto il 100% degli obiettivi primari di Sławosz ed è andata oltre, con un 30% di obiettivi aggiuntivi per lui, ma anche molti dati scientifici in più, grazie alla partecipazione ad alcuni esperimenti da parte degli astronauti non ESA, la comandante Peggy Whitson, l'indiano Shubhanshu Shukla e l'ungherese Tibor Kapu. In più, abbiamo anche sviluppato e portato a termine con Shukla due esperimenti per conto dell'Agenzia spaziale indiana (ISRO). **Dopo il rientro a Terra degli astronauti con lo splashdown al largo della costa californiana, come termina la vostra missione a COL-CC?** Le operazioni si concludono con lo splashdown, ma la missione va ancora avanti per qualche mese. Bisogna coordinare il rientro dei campioni scientifici verso le università e centri di ricerca responsabili degli esperimenti, e bisogna occuparsi della riabilitazione degli astronauti. Non solo, gli astronauti devono ancora completare la raccolta dei dati per gli esperimenti medici (BDC, Baseline Data Collection), per poi confrontare i dati raccolti nello spazio con quelli raccolti a terra. In alcuni casi, queste misure avvengono anche fino a più un anno dopo il rientro. E infine, bisogna anche coordinare il tour e le pubbliche relazioni dell'astronauta, che sono un aspetto importante di ogni missione, per portare le missioni spaziali nelle case di tutti e chissà, ispirare a studiare materie scientifiche quel bambino che tra qualche anno metterà piede su Marte. **Quale sarà la tua prossima missione?** Se non ci sono troppi stravolgimenti nel piano dei voli, la mia prossima missione dovrebbe essere l'Expedition 75, nel 2026. Ma questo autunno avremo la conferenza ministeriale di ESA, chissà che non venga approvata qualche altra missione interessante. **Quotidianamente ti devi interfacciare con professionisti provenienti da ambiti culturali più disparati; quali sono eventualmente i lati positivi e negativi di questa situazione? Hai avuto problemi di integrazione culturale all'inizio della tua carriera?** Mai avuto problemi per questo motivo, anzi. In inglese la chiamano "fertilizzazione incrociata", più c'è varietà e più c'è disponibilità di punti di vista diversi e di diversi approcci alla soluzione dello stesso problema. Studiando un po' di storia della scienza, si scopre presto che i grandi hanno da sempre avuto scambi a distanza, senza confini. E, specialmente negli ultimi 20 anni, credo che questo sia diventato valido anche per il mondo dell'industria. Ringraziamo quindi Sergio per la disponibilità e gli auguriamo il consueto _Ad Astra_.
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August 2, 2025 at 9:33 AM
Estrarre ossigeno dalla regolite lunare, un approfondimento sul progetto italiano ORACLE
A fine giugno l'Agenzia Spaziale Italiana (ASI) ha affidato all'azienda OHB Italia il compito di realizzare l'hardware per l'esperimento di estrazione dell'ossigeno dalla regolite lunare. Il progetto _Oxygen Retrieval Asset by Carbothermal-reduction in Lunar Environment_ (ORACLE) è stato avviato nel 2023 con la stipula dell'accordo tra ASI e il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico di Milano (Polimi), ma la sua storia risale a molto prima. Per approfondire l'argomento abbiamo interpellato la professoressa Michèle Lavagna, docente ordinario e responsabile scientifico del progetto per il Politecnico di Milano, che gentilmente ci ha riassunto quanto avvenuto nel corso degli anni. La genesi del programma risale alla fine del primo decennio degli anni 2000, quando il Politecnico vinse un bando ESA per uno studio sulla possibilità di estrarre acqua e ossigeno dalla regolite lunare. Con un piccolo prototipo venne dimostrata l'efficacia del processo _carbotermico_ , in cui la regolite viene portata a temperature nell'ordine dei 1000°C e fatta reagire chimicamente con metano e idrogeno, producendo anidride carbonica, monossido di carbonio e lo scarto minerale. Campione di simulante di regolite lunare usato per i test. Credit: Politecnico di Milano La regolite lunare è composta per lo più da ossidi di silicio, alluminio, magnesio, calcio, sodio, titanio, potassio e fosforo (anche combinati tra loro) e, alla giusta temperatura, il carbonio della molecola di metano (CH4) è in grado di sottrarre l'ossigeno dai minerali formando anidride carbonica (CO2) e monossido di carbonio (CO). Successivamente, in un secondo reattore a temperature più basse e grazie all'idrogeno, l'ossigeno viene separato dal carbonio per formare molecole d'acqua. L'impianto sperimentale realizzato presso i laboratori del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico di Milano. Credit: Politecnico di Milano Sulla Terra questo e altri processi simili sono già utilizzati su scala industriale per ottenere i componenti metallici puri dalle rocce; in questi casi, quindi, l'ossigeno è un prodotto di scarto. Sulla Luna invece, vista l'importanza dell'ossigeno sia per il sostentamento degli equipaggi sia come ossidante per i propulsori, la questione viene ribaltata. A differenza di altri processi parimenti finanziati da ESA, quello carbotermico del Polimi è applicabile a qualsiasi tipo di regolite, senza cercare particolari composizioni chimiche presenti solo in determinate aree della superficie lunare. Un'altra caratteristica del processo sviluppato a Milano è di rimanere a temperature al di sotto del punto di fusione della regolite, semplificando quindi tutta la gestione del materiale durante la reazione e durante lo scarico finale del materiale esausto. Configurazione preliminare di ORACLE a bordo di un ipotetico lander lunare. Credit: F. Latini et al. Nel 2023 quindi, avendo concluso i contratti con ESA dopo le dimostrazioni dell'efficacia del processo, il gruppo di ricerca ASTRA del Polimi e l'Agenzia Spaziale Italiana (ASI) hanno stipulato un accordo per iniziare la progettazione di un prototipo di dimensioni ridotte, nell'ottica di un dimostratore di volo. Attualmente infatti le dimensioni dell'impianto di laboratorio sono vicine a quelle di due lavatrici affiancate, mentre quelle finali dovranno ridursi all'ordine dei 50 cm di lato. Con tali dimensioni la massa di regolite da processare sarà nell'ordine di qualche decina di grammi, con una resa prevista intorno al 12% rispetto alla massa totale processata e del 25% considerando il solo ossigeno presente nella massa prelevata. OHB Italia, già storicamente partner industriale del progetto del Polimi, ha quindi vinto il bando ASI per la realizzazione dell'impianto di volo, avvalendosi della collaborazione dell'ENEA per quanto riguarda l'ingegnerizzazione del processo chimico e Kayser Italia per l'elettronica di controllo. La realizzazione dovrebbe essere completata entro i prossimi 40 mesi, mentre il passaggio verso la Luna avverrà a bordo di uno dei lander commerciali statunitensi del programma NASA _Commercial Lunar Payload Services_ (CLPS) prima della fine di questo decennio.
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August 6, 2025 at 9:36 AM
IMAP si prepara al lancio e arrivano i due suoi compagni
Mancano circa due mesi al lancio di tre nuove missioni di eliofisica dell'Agenzia spaziale statunitense (NASA): a settembre 2025 un Falcon 9 di SpaceX decollerà dal Launch Complex 39A del Kennedy Space Center con a bordo IMAP, SWFO-01 e GLIDE. La prima è l'acronimo di _Interstellar Mapping Acceleration Probe_ ed è la principale delle tre, per la quale NASA ha speso oltre 780 milioni di dollari. Le altre due sono cosiddette _rideshare mission_ , letteralmente _missioni che condividono il volo_. Nei fatti è questo che fanno: sfruttare lo spazio extra nelle ogive del lanciatore, a volte senza contribuire a coprire i costi del lancio. D'altro canto devono però adattarsi alle tempistiche della missione primaria ed essere quindi pronte in anticipo o assieme, oltre a non causare alcun tipo di interferenza fisica, meccanica o elettronica. ## IMAP IMAP ha completato l'installazione dei suoi dieci strumenti a inizio dicembre 2024 presso il Johns Hopkins Applied Physics Laboratory (JHUAPL) in Maryland. Si tratta di tre _imager_ per atomi neutri in diversi livelli energetici: basso (IMAP-Lo), medio (IMAP-Hi) e alto (IMAP-Ultra) e coinvolgono il JHUAPL, il Los Alamos National Laboratory (LANL), il Southwest Research Institute (SWRI), l'Università del New Hampshire e l'Università di Berna. I tre studieranno l'evoluzione dello strato esterno dell'eliosfera, una regione dello spazio in cui la densità di particelle del vento solare è maggiore di quella dello spazio interstellare. Per studiare le particelle provenienti dall'esterno dell'eliosfera, IMAP utilizzerà tre strumenti: SWAP (_Solar Wind and Pickup Ion_), CoDICE (_Compact Dual Ion Composition Experiment_) e HIT (_High-energy Ion Telescope_), costruiti rispettivamente dalla Princeton University, dallo SWRI e dal Goddard Space Flight Center della NASA. Gli elettroni del vento solare saranno studiati dal _Solar Wind Electron_ (SWE), del LANL in collaborazione con il SWRI, mentre la sua evoluzione nel tempo sarà approfondita da GLOWS (_GLObal Solar Wind Structure_), un fotometro (contatore di fotoni) che misurerà l'emissione ultravioletta di idrogeno ed elio interstellari. Quest'ultimo è stato messo a punto dello Space Research Center dell'Accademia delle scienze di Varsavia, in Polonia. Infine, il campo magnetico attorno alla sonda sarà misurato da due magnetometri progettati e costruiti dall'Imperial College di Londra; le particelle di polvere interstellare saranno studiate da IDEX (_Interstellar Dust Experiment_), uno spettrometro di massa del Laboratory of Atmpospheric and Space Physics di Boulder, Colorado. La suite di strumenti di IMAP. Credits: NASA/Johns Hopkins APL/Princeton/Ed Whitman A marzo sono poi terminati con successo i test nella camera a termovuoto del Marshall Space Flight Center di Huntsville, in Alabama. Qui sono state replicate le condizioni di temperatura e pressione che IMAP sperimenterà nello spazio, in modo da verificare che la sonda operi nominalmente. Il collaudo è stato diviso in due parti. Nella prima veniva controllato il bilancio termico della sonda: la temperatura è stata mantenuta costante per un giorno o più in modo da verificare se le previsioni e l'effettivo comportamento coincidessero. Nella seconda parte la temperatura è stata fatta variare tra i due estremi che sperimenterà in orbita; il test ha riguardato inoltre la verifica di tutti i sottosistemi e degli strumenti, la simulazione di una settimana di attività e il controllo di compatibilità con le antenne del Deep Space Network di NASA. La camera a termovuoto del Marshall Space Flight Center in cui IMAP è stata testata. Credits: NASA/Johns Hopkins APL/Princeton/Ed Whitman Prima di spedire la sonda all'Astrotech Space Operations, dove verrà rifornita con il carburante e montata sul secondo stadio del Falcon 9, i tecnici hanno rimosso SWAPI e CoDICE per inviarli alla Princeton University, dove erano stati costruiti. I tecnici hanno verificato nuovamente la calibrazione e la capacità di raccogliere dati, prima di rispedirli verso la Florida. Una volta arrivati, sono stati testati e il 23 giugno e dopo qualche giorno di lavoro, nuovamente integrati. Un tecnico installa nuovamente SWAP su IMAP il 23 giugno. Credits: NASA/Johns Hopkins APL/Ed Whitman Qualche giorno prima sono stati invece installati i due pannelli fotovoltaici posizionati sulla sommità di IMAP: raccoglieranno la luce solare e la convertiranno in energia elettrica per la sonda. La produzione è stimata intorno ai 500 W, sufficienti ad alimentare tutti i sistemi. Durante le fasi iniziali la sonda sfrutterà una batteria agli ioni di litio. ## SWFO-L1 È la prima missione esclusivamente dedicata alle osservazioni del meteo spaziale della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l'ente federale statunitense dedicato allo studio dell'atmosfera e degli oceani terrestri. Le informazioni serviranno per sviluppare modelli di comportamento del Sole: l'obiettivo è comprendere meglio i fenomeni e ridurre i rischi sulle infrastrutture di Terra e in orbita associati a quelli più violenti. Per fare tutto questo sarà posizionata nel punto lagrangiano L1, a circa 1.5 milioni di chilometri dal nostro pianeta verso il Sole: questa particolare collocazione permette di poter comunicare sempre con la Terra. Una missione simile, seppure posizionata nel punto lagrangiano L5, è in corso di sviluppo da parte dell'Agenzia spaziale europea: si chiama Vigil e il lancio è previsto non prima del 2031. https://www.astronautinews.it/2025/07/vigil-il-meteorologo-solare/ SWFO-L1 dispone di quattro strumenti, tre dei quali sfruttano design e concetti già affermati e testati in altre missioni L'unico strumento ad essere completato in tempi recenti è stato il _Compact CORongraph_ (CCOR): ne sono stati prodotti due esemplari, uno per SWFO-L1 e uno per GOES-U, lanciato il 27 giugno 2024. Un coronografo è uno strumento che tramite l'occultazione del corpo principale di una stella, quello più luminoso, permette di studiarne gli strati più esterni, altrimenti invisibili. Entrambi i coronografi permetteranno così di individuare le espulsioni di massa coronale (CME, dall'inglese _Coronal Mass Ejections_) appena avvengono: si tratta di fenomeni violenti in cui grandi quantità di plasma e di campo magnetico lasciano il Sole con velocità variabili tra i 250 e i 3.000 km/s. Se dirette verso la Terra, le CME impiegano dalle 15 alle 18 ore per arrivare. Quando interagiscono con la magnetosfera, una regione dello spazio permeata dal campo magnetico terrestre, ne causano un riassestamento: le particelle meno energetiche vengono deviate, mentre quelle più energetiche possono penetrarla. È possibile quindi che si verifichino danni all'elettronica a bordo dei satelliti, interruzioni di corrente alle infrastrutture sulla superficie e non da ultimo un aumento all'esposizione alle radiazioni per le persone in orbita e non protette dall'atmosfera. SWFO-L1 dispone poi di due magnetometri, in grado di rilevare il campo magnetico interplanetario trasportato dal vento solare: nel caso di cambiamenti repentini, questo significherebbe che una tempesta geomagnetica potrebbe arrivare a breve sulla Terra. La forma dei due magnetometri è diversa da quella abituale: dritti anziché circolari, in modo da migliorare la qualità dei dati e migliorare la stabilità termica. Come sempre sono montati su un braccio estensibile: quello di SWFO-L1 è lungo 5.6 m. La misurazione degli ioni è affidata al _SupraThermal Ion Sensor_ (STIS): si possono così fornire informazioni su eventi energetici del Sole, come le CME, ancora prima che giungano sulla sonda. L'ampio intervallo di energie che STIS può indagare permette anche di avere informazioni non solo sulle particelle a maggior energia, ma anche quelle a più bassa, importanti perché rappresentano un pericolo per astronauti, veicoli spaziali e razzi in partenza. Infine, il _Solar Wind Plasma Sensor_ (SWiPS) permetterà di misurare velocità, densità e temperatura degli ioni del vento solare, in modo da predire il momento in cui arriverà sulla Terra. ## Carruthers Geocorona Observatory Lo strumento in precedenza era noto come GLIDE (_Global Lyman-alpha Imagers of the Dynamic Exosphere_) ed è stato intitolato al professor George Carruthers nel dicembre 2022. Carruthers è stato uno scienziato della NASA, famoso tra le varie cose per aver progettato e costruito il _Far Ultraviolet Camera/Spectrograph_ : si trattava di un telescopio negli ultravioletti, installato sulla superficie della Luna dall'equipaggio della missione Apollo 16. Lo stesso telescopio scattò così la prima immagine della geocorona della Terra, nonché la prima immagine nell'ultravioletto del nostro pianeta. Immagine in falsi colori della Terra nell'ultravioletto scattata dal telescopio progettato e costruito da Carruthers. Credits: G. Carruthers (NRL) et al./Far UV Camera/NASA/Apollo 16 Carruthers, la sonda, è un piccolo satellite che studierà l'esosfera (lo strato più esterno dell'atmosfera) della Terra e le sue modifiche indotte dal vento solare. Lo farà dal punto lagrangiano L1 con un imager negli ultravioletti. * * * Fonti: NASA (1), NASA (2), NOAA
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August 2, 2025 at 9:42 AM
Il satellite NISAR è pronto al lancio
L'Agenzia spaziale statunitense NASA e quella indiana ISRO (_Indian Space Research Organisation_) hanno fissato per mercoledì 30 luglio la data di lancio del satellite per l'osservazione terrestre NISAR (_NASA-ISRO Synthetic Aperture Radar_), con un vettore indiano GSLV-F16. Questo innovativo satellite sarà il primo a integrare due radar ad apertura sintetica (_Synthetic Aperture Radar_ – SAR), uno in banda L e l'altro in banda S e sarà in grado di eseguire una scansione di quasi tutta la superficie terrestre ogni 12 giorni. Potrà rilevare la crescita ed il ritiro delle calotte glaciali, dei ghiacciai montani, del ghiaccio marino (banchisa) e le deformazioni tettoniche della crosta terrestre. I dati raccolti dall'osservatorio spaziale saranno accessibili agli specialisti di una vasta gamma di discipline scientifiche. Inoltre potrebbero risultare utili anche per le organizzazioni che si occupano di gestione delle catastrofi, monitoraggio delle infrastrutture e supporto dell'agricoltura. Altre applicazioni riguarderanno le classificazioni di ghiacci e mari, il rilevamento di imbarcazioni, il monitoraggio dei litorali, la caratterizzazione delle tempeste, le variazioni dell'umidità del terreno, la mappatura e il monitoraggio delle risorse idriche di superficie. Il lancio è al momento in programma per le 14:10 italiane di mercoledì 30 luglio 2025, dalla seconda rampa di lancio dello Satish Dhawan Space Centre di Sriharikota, sulla costa sud orientale indiana. Infografica del satellite NISAR. Credit: NASA-JPL/ISRO Con questa missione satellitare congiunta, la cui progettazione è iniziata una decina di anni fa, prosegue la collaborazione tra le due agenzie spaziali, a pochi giorni dalla conclusione della missione Axiom-4, che ha visto l'astronauta indiano Shubhanshu Shukla vivere e lavorare sulla Stazione Spaziale Internazionale insieme ad alcuni astronauti statunitensi. ## Cinque cose da sapere su NISAR Ecco cinque aspetti caratteristici della missione: #### 1. NISAR fornirà una vista in 3D del suolo e dei ghiacci I due radar ad apertura sintetica del satellite rileveranno i cambiamenti nella superficie del nostro pianeta con un'accuratezza nell'ordine del centimetro. I radar saranno in grado di penetrare attraverso le nuvole, in qualsiasi situazione di illuminazione (giorno o notte), permettendo agli utilizzatori di monitorare le zone sismiche e quelle soggette al pericolo di frane e smottamenti. Inoltre i radar possono fornire informazioni sulla velocità di cambiamento delle calotte polari e dei ghiacciai. Così facendo NISAR offrirà un monitoraggio senza precedenti dell'Antartide, al fine di osservarne i mutamenti nel tempo. #### 2. I dati di NISAR forniranno informazioni fondamentali per aiutare i governi ad affrontare le problematiche relative ai disastri, sia naturali sia causati dall'uomo Terremoti, vulcani, e infrastrutture obsolete rappresentano un rischio concreto sia per la vita dell'uomo sia per le sue attività. Il satellite indo-statunitense può essere d'aiuto per il monitoraggio di questi pericoli, dando più tempo utile ai responsabili per attivare le procedure appropriate per affrontare i disastri. Nel caso dei terremoti, NISAR fornirà informazioni specifiche sui movimenti delle faglie, su quali di esse si stanno muovendo lentamente senza produrre scosse, su quelle invece bloccate e che potrebbero potenzialmente scivolare. Il lavoro del satellite sarà utile per il monitoraggio delle aree vulcaniche, rilevando movimenti del suolo prodromi di un'eruzione. Relativamente alle infrastrutture, come argini, acquedotti e dighe, lo storico dei dati di NISAR potrà aiutare i gestori a comprendere se i movimenti del terreno nelle vicinanze potrebbero mettere a repentaglio l'integrità delle strutture chiave per mettere in campo eventuali operazioni di emergenza. Il satellite NISAR viene inserito nella camera termovuoto presso l'Indian Space Research Organisation's Satellite Integration and Test Establishment (ISITE) di Bengaluru, India, il 19 ottobre 2023, per una sessione di test di 21 giorni per verificare il suo comportamento nelle condizioni che incontrerà nello spazio. Il satellite è stato estratto dalla camera termovuoto il 13 novembre, avendo raggiunto tutti gli obiettivi dei test. Credits: ISRO-NASA #### 3. NISAR, il più avanzato sistema radar mai lanciato da entrambe le agenzie Il satellite produrrà più dati su base quotidiana di qualsiasi altro satellite per il monitoraggio del suolo di NASA o ISRO. Delle dimensioni di circa di un furgone, il corpo principale del satellite contiene un _payload_ formato da un radar duale; uno in banda L (lunghezza d'onda di 25 cm) l'altro in banda S (lunghezza d'onda di 10 cm). Ciascuno di essi è sensibile alle caratteristiche del suolo e dei ghiacci con differenti dimensioni ed è quindi specializzato nella rilevazione di specifici attributi, come il contenuto di umidità, la rugosità superficiale e il movimento. L'integrazione di entrambi i sistemi radar, uno realizzato dalla NASA e l'altro da ISRO, in un unico veicolo spaziale, rende le prestazioni di questo satellite superiori a quelle di qualsiasi altro satellite SAR. I radar produrranno circa 80 TB di dati al giorno nel corso della missione primaria. Le informazioni verranno elaborate, stivate, distribuite via _cloud_ e rese accessibili a tutti. #### 4. La missione aiuterà a monitorare gli ecosistemi in tutto il pianeta I due radar monitoreranno la superficie terrestre ogni 12 giorni in modo tale da garantire una copertura quasi totale, fino a ora mai raggiunta da altri satelliti. Il radar in banda L è in grado di penetrare attraverso le chiome alberate delle foreste per studiare le strutture delle foreste, mentre il radar in banda S è ideale per l'osservazione della produzione agricola; pertanto i dati raccolti da NISAR aiuteranno i ricercatori a comprendere come le foreste, le zone umide, le zone agricole e il _permafrost_ cambiano nel tempo. #### 5. La missione NISAR rappresenta la prima collaborazione fra NASA e ISRO a un progetto di questa portata Il satellite NISAR integra componenti sviluppati nelle parti opposte del pianeta dagli ingegneri del Jet Propulsion Laboratory della NASA e dell'ISRO che hanno lavorato congiuntamente. Il radar in banda S è stato costruito dallo _Space Application Center_ dell'ISRO di Ahmedabad, mentre il JPL ha costruito il radar in banda L a Pasadena, in California. Questa missione, oltre ad essre prima grossa collaborazione fra le due agenzia spaziali è anche un notevole passo in avanti nelle missioni di osservazione della Terra con tecnologia SAR. La tecnica SAR è stata inventata negli Stati Uniti nel 1952 ed ora molte nazioni in tutto il globo utilizzano satelliti di questo tipo per varie tipologie di missione. La NASA ha utilizzato per la prima volta la tecnologia SAR nel 1978 con il satellite oceanografico Seasat. L'India, dal canto suo, ha lanciato il suo primo satellite SAR nel 2012 (RISAT-1), seguito dal secondo (RISAT-1A) nel 2022. Una rappresentazione artistica del satellite NISAR con le annotazioni relative alla provenienza del suo hardware. Credit: NASA/JPL-Caltech ## NISAR NISAR, del peso di 2.392 kg sarà un satellite per l'osservazione della Terra unico nel suo genere, integrando due radar ad apertura sintetica a frequenze diverse, i quali si avvarranno dell'antenna a rete estendibile del diametro di 12 m, fornita dalla NASA. Il satellite, costruito sulla piattaforma satellitare indiana I3K modificata, verrà collocato su di un'orbita polare eliosincrona con un'inclinazione di 98,4°, ad una quota di 743 km e con un periodo orbitale di 100 minuti. Una volta operativo, sarà in grado di osservare la superficie terrestre con “spazzate” larghe 242 km, con un'elevata risoluzione spaziale e utilizzando per la prima volta l'innovativa tecnologia SweepSAR. Il satellite è gestito dal Caltech di Pasadena, mentre il JPL si fa carico delle componenti statunitensi, ovvero il riflettore radar, il braccio estendibile, il sottosistema di trasmissione dati ad elevata velocità, i ricevitori GPS, un registratore a stato solido e un altro sottosistema per la gestione dei dati del _payload._ Il Goddard Space Flight Center della NASA sovrintende il _Near Space Network_, il quale riceverà i dati in banda L. Lo Space Application Center dell'ISRO, come detto, ha fornito il SAR in banda S, mentre il _U R Rao Satellite Centre_ di Bengaluru ha fornito la piattaforma satellitare. Il vettore è stato realizzato dal _Vikram Sarabhai Space Centre_ di Thiruvananthapuram e le operazioni del satellite vengono seguite dal _ISRO Telemetry Tracking and Command Network _di Bengaluru. Il National Remote Sensing Centre di Hyderabad è responsabile della ricezione, elaborazione e diffusione dei dati del radar in banda L. Al seguente link è scaricabile il press kit di NISAR. https://www.youtube.com/watch?v=zM_0aXxGN6g Il filmato di presentazione della NASA https://www.youtube.com/watch?v=sLjvAmK_siU Il _briefing_ pre lancio Fonti: NASA; ISRO; JPL
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August 2, 2025 at 9:33 AM
Vigil, il meteorologo solare
La missione del satellite dell'Agenzia spaziale europea (ESA) Vigil, la cui partenza è prevista per il 2031, migliorerà in maniera determinante la qualità dei dati per le previsioni meteorologiche solari. La meteorologia spaziale (_space weather_) è diventata in questi ultimi anni una delle scienze spaziali più studiate, soprattutto in relazione alla pianificazione delle missioni del futuro e agli effetti che i raggi cosmici possono avere sugli astronauti e sulle infrastrutture nel cosmo. Ciò non di meno, per noi abitanti del pianeta Terra, e per tutto quello che vi orbita attorno, la meteorologia del Sole assume un'importanza più marcata. Le tempeste solari infatti, teoricamente possono avere effetti anche catastrofici per la Terra e riuscire a prevenirle, oltre che studiarle, è fondamentale per limitare i danni mettendo in opera le procedure di salvaguardia dei satelliti, degli astronauti e delle infrastrutture terrestri. I grandi eventi, come la tempesta solare del maggio 2024 che ha causato le stupefacenti aurore boreali visibili per buona parte dell'Europa, possono essere così violenti da interrompere le linee elettriche e le comunicazioni satellitari, causando anche ingenti danni. Fra qualche anno, entrerà in gioco la missione dell'ESA Vigil: dal privilegiato punto di osservazione nel punto lagrangiano L5 invierà a Terra aggiornamenti sul meteo solare sfruttando la sua _suite_ di strumenti specializzati, consentendo un miglioramento drastico delle nostre capacità di previsione. ## Un punto di osservazione strategico Vigil sarà in assoluto la prima missione al mondo dedicata al meteo spaziale in L5. Tuttavia, inviare dati con continuità alla Terra, dalla distanza di 150 milioni di chilometri, sarà difficile e costoso. Servirà infatti un'avanzata capacità di elaborazione di bordo, un collegamento costante a bassa latenza con le antenne terrestri per lo spazio profondo e la conversione dei dati grezzi di Vigil in informazioni utili per i servizi di meteorologia spaziale. Stiamo parlando di una sfida tecnica davvero ardua. La potenza della strumentazione di Vigil, combinata con il suo privilegiato punto di osservazione, ovvero il quinto punto lagrangiano del sistema Sole-Terra, renderà tutto quanto possibile. Sono tre i motivi principali per i quali le strumentazioni di Vigil beneficiano della posizione in L5: I punti lagrangiani del sistema Sole-Terra. Credit: ESA ### 1. Uno sguardo da dietro l'angolo Mentre la nostra stella ruota sul suo asse approssimativamente ogni 28 giorni, le sue regioni di maggiore attività ruotano giocoforza nel campo visivo della Terra scagliando radiazioni verso il nostro pianeta con scarso preavviso. Come detto in precedenza, dalla posizione in L5 Vigil può osservare la superficie e l'atmosfera solare da un'angolazione ottimale, “spiando”, il Sole da “dietro l'angolo” rispetto alla posizione della Terra. Di conseguenza la sonda è capace di rilevare le regioni solari potenzialmente pericolose diversi giorni prima che i loro effetti raggiungano il nostro pianeta. Si ha così tempo per mettere in atto le opportune contromisure, al fine di salvaguardare le infrastrutture terrestri e spaziali sensibili all'attività solare. Il _Photospheric Magnetographic Imager_ di Vigil, fornito dal Max Planck Institute for Solar System Research di Gottinga in Germania, riprenderà i campi magnetici generati dalla superficie solare per aiutare a prevedere l'attività e le macchie solari, e i suoi dati verranno inseriti nei modelli informatici dell'eliosfera. Contemporaneamente, il sensore d'immagine per l'estremo ultravioletto JEDI (fornito dal South West Research Institute in collaborazione con la NASA) raccoglierà immagini ad alta risoluzione dell'atmosfera solare per localizzare i siti dei brillamenti e delle eruzioni solari. Lavorando in parallelo, questi strumenti agiranno come un vero e proprio _team_ per le previsioni meteorologiche, scrutando le nubi tempestose in formazione appena sopra l'orizzonte, dando ai meteorologi modo per emettere preventivamente avvisi di pericolo. Con il passare del tempo, le costanti osservazioni saranno di aiuto nell'approfondire la nostra conoscenza su come queste regioni attive si formano, si evolvono ed eruttano. ### 2. Osservare di lato Il secondo vantaggio del quinto punto lagrangiano è anche il più importante per riuscire a prevedere direttamente le tempeste solari: osservarle di lato. Se immaginiamo di provare a valutare la velocità e le dimensioni di un'auto che ci sta venendo incontro frontalmente, sarà difficile riuscirci. Per contro, se immaginiamo di fissarla con attenzione da una posizione defilata, ci risulterà più semplice fare delle stime. Bene, è suppergiù la stessa cosa con le eruzioni solari, seppur con alcune diversità rispetto alle automobili visto che si manifestano in forme e dimensioni diverse, e ciò rende le osservazioni di profilo anche più importanti. Attualmente tutti gli osservatori meteo spaziali permanenti sono posizionati al punto lagrangiano 1 (L1), posto all'1% della distanza Terra-Sole, in un'orbita a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra. Ciò significa che questi satelliti hanno una vista frontale delle eruzioni in arrivo verso di noi. La nuova prospettiva laterale di Vigil da L5, ci fornirà una comprensione più tempestiva e nitida delle espulsioni di massa coronale (in inglese _Coronal Mass Ejection_ – CME) in movimento verso la Terra. Siccome Vigil potrà osservare lateralmente lo spazio fra il Sole e la Terra, il satellite potrà logicamente vedere come le eruzioni solari si muovono dal momento in cui lasciano il Sole fino a quando si avvicinano alla Terra. Le tempistiche degli impatti delle CME verranno predette con una notevole accuratezza, ma non solo: queste stime verranno aggiornate in tempo reale mentre l'evento si sta propagando. Il _Compact Coronograph_ di Vigil (fornito dal Naval Research Laboratory – Stati Uniti), sarà in grado di oscurare il disco luminoso del Sole per poterne osservare l'atmosfera, milioni di volte meno luminosa, denominata corona, consentendo la rilevazione dei CME poco dopo la loro manifestazione. Quindi entrerà in gioco l'_Heliospheric Imager_ (fornito da Leonardo/Centre Spatial de Liège – Italia/Belgio), che catturerà le immagini di queste eruzioni in grandangolo mentre viaggiano nello lo spazio, verso la Terra. Questa operazione continua aiuterà a migliorare il tracciamento e la realizzazione di modelli in tempo reale legati alla meteorologia spaziale. Una rappresentazione artistica di Vigil al lavoro in L5. Credit: ESA ### 3. Misurare in anticipo il vento solare Quando dobbiamo pianificare un'attività all'aria aperta da svolgere entro pochi giorni, non possiamo non esimerci da dare un'occhiata alle previsioni meteorologiche, consultando le app nei nostri smartphone o gli spazi dedicati nel palinsesto televisivo. Similmente, il principale beneficio offerto dalla posizione in L5 di Vigil è la possibilità di monitorare le condizioni del vento solare, più o meno allo stesso modo in cui si farebbe sulla Terra, ma registrando la perturbazione a qualche giorno di distanza. Inoltre i flussi di vento solare si propagano nello spazio seguendo dei percorsi curvilinei, noti come spirali di Parker, e L5 è il luogo ideale per osservarli. Il _Plasma Analyser_ (realizzato dallo Mullard Space Science Laboratory – Regno Unito), misurerà le particelle del vento solare direttamente da L5, fornendo informazioni preziose su quello che a breve investirà la Terra. Il _Magnetometer_ (sviluppato dall'Imperial College London/IWF Graz – Regno Unito/Austria) rileverà i campi magnetici dalla sua posizione in cima ad un'asta lunga sette metri. Questa distanza aiuterà ad eliminare le interferenze provenienti dallo veicolo spaziale stesso, permettendo il preciso tracciamento dei disturbi magnetici in arrivo associati con gli eventi del meteo spaziale. ## Le previsioni di Vigil nascono da una sinergia integrata Lavorando all'unisono, la potente squadra di strumenti scientifici dell'osservatorio orbitante europeo, contribuirà a ridurre il rischio di perturbazioni causate da eventi meteorologici spaziali, monitorando in maniera continua il Sole e la linea Sole-Terra per diversi anni. Dalla sua posizione unica e stabile, Vigil sarà anche una fonte preziosa di dati scientifici in quanto le sue osservazioni andranno ad alimentare diversi servizi di meteorologia spaziale, incluso lo _Space Weather Service Network_ dell'ESA. «Quando i dati provenienti da Vigil grazie alla sua prospettiva unica, verranno combinati con quelli provenienti dalle altre missioni situate in L1, l'intero sistema diverrà più grande della somma delle sue singole parti», ha affermato Mattew West, scienziato della missione Vigil presso l'ESA. Il satellite europeo terrà d'occhio costantemente il Sole, sulla stessa orbita della Terra a 60° dietro di essa, in modo tale da osservare la nostra stella di lato e avere contemporaneamente una linea di comunicazione con le antenne terrestri sempre libera. Da questa posizione strategica sarà possibile segnalare le situazioni di allarme con un anticipo fino a 4 o 5 giorni, per alcune tipologie di fenomeni. Grazie a questo peculiare tempo di risposta, Vigil potrà fare la differenza fra un piccolo inconveniente su scala ridotta e un blackout su scala nazionale. La costruzione di Vigil è stata assegnata ad Airbus lo scorso anno, il lancio dovrebbe avvenire nel 2031 con un Ariane 62 dallo spazioporto europeo di Kourou nella Guyana Francese e sarà il primo veicolo spaziale dell'ESA ad essere posizionato in L5. Avrà una vita operativa nominale di 7 anni e mezzo. In latino, _vigilis exceptus_ significa “sentinella”, mentre _vigilia_ è traducibile come “veglia”, ovvero “fare la guardia con estrema attenzione”, proprio come farà il satellite sulla Terra e sul Sole. https://www.youtube.com/watch?v=NS4cVTeN7ho&t=6s Il nuovo filmato di presentazione della missione Fonte: ESA
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August 2, 2025 at 9:34 AM
Primo lancio di satelliti Kuiper di Amazon da parte di SpaceX
Il terzo lotto di satelliti della costellazione Kuiper è stato lanciato il 16 luglio alle 08:30 italiane con un Falcon 9 di SpaceX, dallo Space Launch Complex 40 della Cape Canaveral Space Force Station in Florida, negli Stati Uniti d'America. Ad effettuare il lancio è stato il _booster_ marchiato con il seriale B1096, al debutto assoluto: esaurita la fase sia fase propulsiva il primo stadio è atterrato poco dopo sulla piattaforma _A Shortfall Of Gravitas_ posizionata nell'Oceano Atlantico. Il secondo stadio ha poi completato la missione, rilasciando ad intervalli di 20 secondi i 24 satelliti a bordo, inizialmente ad una quota di 465 km: in autonomia raggiungeranno i 630 km e comunicheranno con il centro di controllo di Redmond, nello stato di Washington. Nota anche con il nome di _Project Kuiper_ , si tratta di una mega costellazione di 3.236 satelliti in orbita bassa terrestre (LEO) ideata e progettata da Amazon per fornire connettività internet a bassa latenza in tutto il mondo. https://www.youtube.com/watch?v=ZlKgYD1BI-o Appare quindi paradossale il fatto che il lancio sia stato effettuato da un Falcon 9 di SpaceX, che a sua volta è ad un buon punto nella costruzione della propria mega costellazione. Starlink, questo il nome, ha gli stessi scopi di Kuiper, ma conta poco meno di 8.000 satelliti operativi in orbita, con lanci che avvengono in media ogni 3 giorni. La patch della missione con SpaceX. Credits: SpaceX La domanda che quindi sorge spontanea è: perché Amazon, una società di Jeff Bezos, non utilizza il New Glenn di Blue Origin, una sua altra società, per il lancio dei satelliti Kuiper? La risposta è dovuta al ritardo che New Glenn ha accumulato nel corso degli anni: finora ha effettuato solamente il volo di collaudo il 16 gennaio 2025. Come dimostra il caso di SpaceX, il rateo di lanci deve essere elevato per due motivazioni: poter ammortizzare il prima possibile i costi di produzione, gestione e immissione in orbita dei satelliti, ma anche rispettare le scadenze inderogabili fissate dalla Federal Communications Commision (FCC), l'ente federale statunitense che regola il settore delle telecomunicazioni. La FCC garantisce infatti l'utilizzo esclusivo di alcune bande dello spettro elettromagnetico alle aziende, a patto che queste raggiungano entro una determinata data un certo numero di satelliti operativi. Per Project Kuiper significa avere 1.618 esemplari in orbita prima del 30 luglio 2026: la costruzione effettiva della costellazione è iniziata con i primi 27 satelliti soltanto il 28 aprile 2025, con il primo lancio a bordo dell'Atlas V, ed è continuata con altri 27 il 23 giugno, sempre su un Atlas V. Infine, il 16 luglio con gli ultimi 24 sul Falcon 9. Per ovviare ai ritardi del New Glenn, nell'aprile 2021 Amazon decise di stipulare un accordo con United Launch Alliance (ULA) per nove lanci del razzo Atlas V. La selezione del lanciatore di Blue Origin venne comunicata un anno dopo: 12 lanci, con un'opzione per altri 15. Assieme a questo annuncio venne reso noto l'accordo per 38 lanci da parte del Vulcan di ULA e di 18 dell'Ariane 6 di Arianespace. Questi sarebbero stati preceduti da due satelliti prototipo lanciati da altrettante missioni dell'RS1 di ABL Space System: il fallimento dei due voli di prova previsti indussero l'azienda a rivedere la propria strategia commerciale e non puntare più sulla costruzione di razzi. Amazon decise quindi di spostare i due satelliti di prova su un vettore più affidabile, quale l'Atlas V 501, per effettuare la missione dimostrativa nell'ottobre 2023. Due mesi dopo, infine, venne dato l'annuncio di tre lanci con SpaceX. Fonti: Amazon, forumastronautico.it
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July 28, 2025 at 9:16 AM
Rientrata la missione privata Axiom-4
Intorno alle 11:30 italiane di martedì 15 luglio 2025 la Crew Dragon Grace con a bordo Peggy Whitson, Shubhanshu Shukla, Sławosz Uznański-Wiśniewski e Tibor Kapu è ammarata al largo della costa della California, negli Stati Uniti d'America occidentali. La capsula, al primo volo in assoluto, si era staccata dalla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) il 14 luglio intorno alle 13:15; i quattro membri dell'equipaggio hanno quindi trascorso circa 22 ore all'interno della Dragon, circa sei in meno rispetto a quanto accaduto al viaggio di andata. La missione aveva infatti avuto inizio il 25 giugno alle 08:31 ed era giunta a destinazione il 26 giugno alle 12:33. https://www.youtube.com/live/PEgeSEsNbKI?feature=shared&t=3801 Prima di lasciare definitivamente la Stazione si è tenuta la rituale cerimonia di saluto, in cui gli astronauti partenti ringraziano i colleghi a Terra ma soprattutto in orbita. L'equipaggio di Axiom-4 ha quindi detto arrivederci alle sette persone partecipanti ad Expedition 73: il comandante della Stazione, il giapponese Takuya Onishi, ha ringraziato i quattro per «la gioia, l'entusiasmo, l'ispirazione e altri modi positivi per rendere l'esperienza ancora migliore». Onishi ha anche detto che «la dedizione per la scienza e la professionalità con cui hanno svolto i compiti] hanno portato ad un nuovo livello le missioni private» sulla Stazione. Axiom-4 è stata infatti organizzata dalla società spaziale [Axiom Space: a parte Whitson che ne è dipendente, gli altri tre astronauti hanno dovuto trovare i finanziamenti necessari da parte delle proprie agenzie spaziali nazionali o aziende private per partecipare al volo. https://www.youtube.com/watch?v=OLXKH-U77ZA&t=133s Il microfono è poi passato alla comandante Whitson che ha brevemente ringraziato i membri di Expedition 73: sono stati «professionisti, ma anche diventati amici» e hanno fornito un «aiuto eccezionale» all'equipaggio una volta in orbita. Come ricordano le statistiche di Paolo Baldo, Whitson ha raggiunto i 681 giorni complessivi di permanenza nell'avamposto. È al quarto posto assoluto tra tutti gli astronauti: davanti ci sono Yuri Malenchenko (691), Anton Škaplerov (704) e Oleg Kononenko (1105) Kapu, specialista di missione e primo astronauta ungherese sulla ISS, ha parlato in modo un po' emozionale dell'esperienza, raccontando di aver stretto amicizie e «reso fieri colleghi e colleghe», oltre ad aver detto che le attività da svolgere nell'ambito della missione erano numerose. Ha però rimarcato che Axiom-4 ha rappresentato come «alcune piccole nazioni» in ambito spaziale come l'Ungheria possano avere la possibilità di accedere allo spazio. Il pilota indiano della Dragon Shukla ha ricordato i tanti momenti «passati ad osservare la Terra», le diverse «attività di ricerca scientifica» svolte e concordato con Kapu riguardo l'impatto che questa missione avrà sui suoi concittadini. Sono stati infatti svolti oltre 60 esperimenti scientifici provenienti da 31 nazioni e oltre 20 eventi di comunicazione con studenti, rappresentanti governativi o dei media, con particolare attenzione alle nazioni di provenienza di ciascun astronauta. Ultimo a parlare è stato l'altro specialista di missione, il polacco Uznański-Wiśniewski, che pure ha ammesso che vedere la Terra dal modulo Cupola sia stato «uno dei momenti più magici della sua vita». Al termine della cerimonia i quattro sono entrati nella Dragon, indossato le tute e iniziato le procedure per il distacco dalla Stazione. Tutte le operazioni sono state svolte in autonomia dalla Dragon Grace, sebbene il pilota e la comandante fossero pronti a intervenire in caso di necessità. I quattro non sono comunque rimasti allacciati ai propri seggiolini per tutte le 22 ore in volo libero, ma solo per alcune determinate manovre e periodi critici. https://twitter.com/SpaceX/status/1945043054546837903 Il rientro al largo delle coste californiane è stato il secondo in assoluto per una Crew Dragon, dopo la missione Fram2 di aprile. La decisione di spostare l'ammaraggio da una costa all'altra degli Stati Uniti è un tentativo di mitigare il rientro sulla Terra del _trunk_ , il vano non pressurizzato che ospita i pannelli fotovoltaici e che viene separato poco prima del rientro. https://twitter.com/SpaceX/status/1945043838482915461 Le operazioni di recupero della capsula e degli astronauti si sono svolte senza particolari problemi, e i quattro sono stati poi portati a Terra con un elicottero, come da procedura standard. Uznański-Wiśniewski è poi ripartito per l'Europa il giorno stesso, atterrando nella zona militare dell'aeroporto di Colonia nella mattinata del giorno successivo. Lì, come di consueto, ha tenuto una breve conferenza stampa con alcuni giornalisti, i colleghi che hanno gestito la sua missione, e alcuni amici. La capsula invece tornerà presso gli stabilimenti di SpaceX per essere ricondizionata e utilizzata in una prossima missione. Fonte: farewell ceremony di Axiom-4, forumastronautico
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July 28, 2025 at 9:16 AM
Il Nancy Grace Roman Space Telescope è quasi ultimato
Nonostante le incertezze di finanziamento e di gestione dell'Agenzia spaziale statunitense (NASA), la costruzione del Nancy Grace Roman Space Telescope procede senza apparenti ritardi o problematiche. Il nuovo telescopio, noto anche come Nancy Grace o Roman, dovrebbe essere lanciato nell'autunno 2026 e al momento è ultimato al 90%. Secondo il cronoprogramma, a novembre è prevista l'integrazione della struttura interna (telescopio, i due strumenti e i relativi supporti e la struttura) ed esterna (_Outer Barrel Assembly_ , _Solar Array Sun Shield_ e _Deployable Aperture Cover_), alla quale seguiranno i collaudi per verificare che tutto funzioni correttamente. Un'infografica sulle due parti che attualmente compongono il Nancy Grace Roman Space Telescope. Credit: NASA. ## Pannelli fotovoltaici: il _Solar Array Sun Shield_ L'ultimo aggiornamento, pubblicato a metà luglio, riguarda l'installazione dei pannelli fotovoltaici: la notizia è giunta però con un mese in ritardo. I tecnici hanno infatti montato i pannelli il 14 e il 16 giugno 2025 presso il Goddard Space Flight Center di Greenbelt, dove sono anche stati progettati e costruiti. Si tratta di sei pannelli da 7 m×10 m, costituiti da 3.902 celle fotovoltaiche in grado di catturare i fotoni solari e trasformarli in energia elettrica, fondamentale per il funzionamento del telescopio. I due pannelli centrali rimangono fissi in posizione, mentre i quattro esterni sono racchiusi attorno all'_Outer Barrel Assembly_ durante il lancio e vengono dispiegati una volta nello spazio. Questa funzionalità verrà verificata nelle prossime settimane, assieme all'apertura della _deployable aperture cover_ , una struttura che impedisce l'ingresso della luce al telescopio. È costituita da due strati di materiale termico rinforzato e, similarmente ai pannelli, sarà ripiegata durante il lancio. I sei pannelli costituiscono il _Solar Array Sun Shield_ e avranno anche la funzione secondaria di tenere in ombra gli strumenti di Roman, che operano nel dominio degli infrarossi: mantenerli alla temperatura più bassa possibile permetterà di ridurre le contaminazioni prodotte dal calore degli stessi strumenti. Il calore è infatti rilevabile sotto forma di radiazione infrarossa. ## Nei mesi precedenti L'installazione dei pannelli è però solamente l'ultima delle tappe raggiunte dalla squadra che si occupa della costruzione del Nancy Grace. A dicembre 2024 erano stati integrati nell'ordine il _Coronograph Instrument_ , l'_Optical Barrel Assembly_ (che contiene lo specchio primario da 2,4 m e i nove secondari) ed infine il _Wide Field Instrument_ (WFI). I tre, che costituiscono il carico utile della missione, sono stati uniti alla struttura che costituisce l'intero Nancy Grace Roman Space Telescope a gennaio 2025. https://www.astronautinews.it/2024/11/il-telescopio-roman-e-arrivato-al-goddard-center-della-nasa/ Il _Coronograph Instrument_ è un dimostratore tecnologico per l'osservazione diretta degli esopianeti, cioè pianeti al di fuori del sistema solare: la luce della stella attorno a cui ruotano viene rimossa tramite l'utilizzo di una serie di maschere e specchi adattabili, mettendo in risalto quindi i pianeti. Il _Wide Field Instrument_ è invece lo strumento principale: si tratta di una camera ad infrarossi da 300 MP in grado di osservare una porzione di cielo 100 volte più grande rispetto all'Hubble Space Telescope e 1.000 volte più velocemente. Ancora prima, a febbraio, la _deployable aperture cover_ era stata installata sulla struttura del telescopio, mentre a maggio l'_Outer Barrel Assembly_ , la _deployable aperture cover_ e alcuni pannelli fotovoltaici di prova avevano superato le verifiche tecniche nella camera a termovuoto. Si tratta di una struttura che simula le condizioni di pressione e temperatura dello spazio: vi erano entrati un mese prima, ad aprile. A giugno sono stati effettuati i test vibrazionali, in modo simile a quelli che subiranno i pannelli fotovoltaici nelle prossime settimane. Oltre a ricreare nel modo più fedele possibile le vibrazioni prodotte dal Falcon Heavy, il razzo di SpaceX che porterà Roman nello spazio, il telescopio è anche stato rifornito con circa 1.000 litri di acqua deionizzata per simulare il quantitativo e la massa del carburante. Il test è stato portato avanti aumentando gradualmente l'ampiezza delle vibrazioni e controllando ogni volta che tutta la struttura rispondesse come da previsioni. In questo modo il Nancy Grace ha sperimentato forze fino a due volte maggiori rispetto a quelle che effettivamente si verificheranno al decollo. Terminati i test, la struttura è stata riportata in una camera bianca al Goddard per controllare che tutto fosse ancora correttamente allineato e che l'antenna ad alto guadagno fosse in grado di dispiegarsi. In sostanza, verificare che il telescopio appena "lanciato" fosse pronto ad operare e comunicare con la Terra. Fonte: NASA (1), NASA (2)
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July 28, 2025 at 9:16 AM
Artemis: selezionati dalla NASA tre nuovi strumenti per l’esplorazione lunare
L’Agenzia spaziale statunitense (NASA) ha annunciato di aver scelto, nell’ambito del programma Artemis, alcuni strumenti che saranno integrati nel _Lunar Terrain Vehicle_ (LTV), il rover progettato per accompagnare fino a due astronauti nei loro spostamenti sulla superficie lunare. Il veicolo potrà essere sia guidato in prima persona dagli astronauti, in modo simile al suo predecessore utilizzato durante le missioni Apollo, che pilotato a distanza, senza persone a bordo. L’LTV avrà il duplice compito di facilitare l’esplorazione scientifica della regione del polo sud lunare, l'area prevista per l’allunaggio, e di garantire spostamenti sicuri ed efficienti dell'equipaggio sceso sulla superficie. ### Spettrometri all'avanguardia Tre sono gli strumenti che la NASA ha selezionato per Artemis, due dei quali saranno integrati direttamente sul rover lunare. Un terzo, invece, resterà in orbita aiutando così, dall'alto, la permanenza e gli spostamenti degli astronauti sul suolo roccioso. Secondo quanto dichiarato da Nicky Fox, amministratrice associata presso il Direttorato delle missioni scientifiche del quartier generale della NASA, l'LTV e la sua strumentazione appena selezionata faciliteranno in maniera considerevole il lavoro degli astronauti, oltre a raccogliere dati preziosi a fini scientifici. Il primo tra i dispositivi scelti dall'ente spaziale statunitense è L-MAPS, acronimo di _Lunar Microwave Active-Passive Spectrometer_. Si tratta di un sistema costituto da uno spettrometro, un dispositivo in grado di misurare la luce riflessa dalla regolite e di ricavarne in questo modo le proprietà fondamentali, e da un radar capace di "vedere" al di sotto della superficie del nostro satellite fino a una profondità di circa 40 metri. La combinazione di queste due apparecchiature consentirà di individuare la presenza di ghiaccio "nascosto" nel sostrato lunare, ma anche di caratterizzare in termini di densità e temperatura il suolo. Una rappresentazione artistica dell'LTV. Crediti: NASA Il secondo strumento che verrà integrato nell'LTV si chiama AIRES (_Artemis Infrared Reflectance and Emission Spectrometer_) e consentirà di mappare minerali e sostanze volatili, ossia tutti quei composti la cui caratteristica principale è la facile evaporazione. Alcuni esempi comuni sono il diossido di carbonio (CO2) e l'acqua (H2O). Uno dei punti di forza di AIRES sarà la capacità di acquisire dati sia su ampie aree, per una visione d’insieme, sia su zone circoscritte, dove potrà concentrarsi per raccogliere informazioni più dettagliate. I due apparati saranno guidati nel loro sviluppo rispettivamente da Matthew Siegler dell'Università delle Hawaii a Manoa e da Phil Christensen dell'Università statale dell'Arizona a Tempe. L'utilizzo congiunto dei due consentirà una mappatura completa dei componenti della superficie lunare e dei suoi strati sottostanti, supportando le scoperte scientifiche e l'esplorazione umana. L'UCIS-Moon (_Ultra-Compact Imaging Spectrometer for the Moon_) sarà invece utilizzato in orbita e potrà essere molto utile per avere un quadro generale e un contesto ai dati raccolti sul terreno dagli altri due strumenti presenti sul rover. In particolare, questo spettrometro, la cui progettazione è portata avanti da Abigail Fraeman del JPL della NASA nella California meridionale, agevolerà l'individuazione di aree di interesse scientifico, oltre a rilevare sostanze volatili e analizzare le loro interazioni con le attività antropiche. Rappresentazione di Moon Racer, uno tra i rover selezionati dalla NASA per lo spostamento sulla Luna. Crediti: Intuitive Machines La combinazione di questi tre strumenti potrà supportare l’esplorazione e la permanenza umana sulla Luna, fornendo al contempo dati di grande rilevanza per i ricercatori di tutto il mondo, in particolare per quanto riguarda lo studio della storia e della geologia del nostro satellite naturale. Informazioni sulla presenza di acqua, ghiaccio e altri composti saranno estremamente preziose, sia dal punto di vista scientifico che per le applicazioni pratiche future, secondo quanto dichiarato da Joel Kearns, vice amministratore associato per l’esplorazione presso il Direttorato delle missioni scientifiche del quartier generale della NASA. Se da un lato alcuni degli strumenti che saranno integrati sul veicolo lunare sono già stati selezionati, la stessa cosa non si può ancora dire del rover che solcherà il suolo del satellite terrestre. Infatti, sarà solo entro la fine del 2025 che, a seguito di una dimostrazione tecnica, verrà individuato il veicolo definitivo tra i tre candidati proposti dalle aziende Intuitive Machines, Lunar Outpost, and Venturi Astrolab. Fonte: NASA
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July 28, 2025 at 9:16 AM
Il primo collegamento ottico europeo verso lo spazio profondo è realtà
Il 7 luglio 2025 è stata una data storica per l'Agenzia spaziale europea (ESA): ha stabilito con successo un collegamento ottico con l'esperimento della NASA _Deep Space Optical Communication_ (DSOC) a bordo della missione Psyche. Lanciata il 13 ottobre 2023 e distante circa 265 milioni di km, ovvero circa 1,8 ua – unità astronomiche, la connessione con la sonda è stata possibile grazie a due stazioni ottiche dedicate, appositamente realizzate in Grecia. Il posizionamento dell'esperimento DSOC a bordo della sonda statuunitense Psyche. Credit: ESA-NASA/JPL-Caltech/ASU Si è trattato del primo dei quattro collegamenti programmati, che verranno stabiliti nell'arco di questa estate. Un importante successo che scolpisce un'altra pietra miliare nella lunga e proficua storia di collaborazione fra le due agenzie spaziali, dimostrando il potenziale per l'interoperabilità fra ESA e NASA nell'ambito delle comunicazioni ottiche. In passato si è conseguito un risultato analogo soltanto con i sistemi a radiofrequenza. Il team del _Ground Laser Transmitter_ presso il Kryoneri Observatory. Credit: ESA Rolf Densing, Direttore delle Operazioni per ESA, ha spiegato che il successo di questa prima dimostrazione di comunicazione ottica verso lo spazio profondo da una base europea è un reale balzo in avanti nella realizzazione di una connettività internet veloce con veicoli spaziali nello spazio profondo. «Quanto raggiunto assieme ai nostri colleghi e partner dell'industria e dell'accademia, al Direttorato della Tecnologia dell'ESA e al Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA, evidenzia l'importanza della cooperazione internazionale» ha concluso Densing. «È un successo straordinario. Attraverso anni di progressi tecnologici, di sforzi di standardizzazione internazionale e di adozione di soluzioni ingegneristiche innovative, abbiamo abbiamo posto le fondamenta per l'internet del Sistema solare.», ha commentato Mariella Spada, Responsabile dell'Ingegneria e dell'Innovazione dei Sistemi di Terra dell'Agenzia spaziale europea. Il _Ground Laser Transmitter_. Credit: ESA ### Un collegamento laser attraverso il Sistema solare La campagna di trasmissione è iniziata in Grecia, dove l'ESA ha convertito due osservatori in stazioni ottiche di terra ad alta precisione. Dal Kryoneri Observatory, situato nei pressi di Atene, è stato inviato un potente _beacon_ laser verso la sonda Psyche della NASA. Benché esso non trasportasse dati, questo impulso è stato ideato per essere puntato con una precisione tale da essere agganciato dall'esperimento DSOC a bordo di Psyche, il quale in risposta ha inviato un segnale di ritorno alla Terra. Quest'ultimo è stato captato dall'Helmos Observatory, situato ad una distanza di 37 km dal primo osservatorio, su di una cima montuosa. Il team del Ground Laser Receiver presso l'Helmos Observatory. Credits ESA Anche Sinda Mejri, Responsabile per l'ESA del progetto del Sistema di Ricezione Laser al Suolo ha sottolineato l'importanza di questo successo tecnologico sottolineando che «questa sorta di “stretta di mano” ottica bidirezionale ha confermato il superamento di due principali sfide tecniche: lo sviluppo di un laser di potenza sufficiente da “colpire” un veicolo spaziale distante con estrema precisione e la costruzione di un ricevitore con la sensibilità necessaria da rilevare anche il più debole segnale di ritorno, a volte composto solo da pochi fotoni, dopo un viaggio di centinaia di milioni di chilometri». Il Centro di controllo della missione del Jet Propulsion Laboratory, che ha sviluppato e gestisce sia l'esperimento DSOC sia la missione Psyche, ha fornito al team europeo la posizione precisa della navicella utilizzando delle potenti tecniche di navigazione. Esse erano comprensive del _Delta-Differential One-Way Ranging_ (Delta-DOR), uno stratagemma già impiegato da ESA per le missioni interplanetarie, al fine di determinare con precisione la traiettoria dei veicoli spaziali. Il _Ground Laser Receiver_ montato in coda al telescopio dell'Helmos Observatory. Credits: ESA Successivamente, gli esperti di ESA in dinamiche del volo dell'ESOC (Centro spaziale europeo per le operazion) a Darmstadt, in Germania, hanno compensato i dati dalle variabili in gioco come la densità dell'aria, i gradienti di temperatura e il moto planetario. Questo processo è come quello usato nei sistemi di navigazione satellitare, eccetto che per l'aumentata complessità legata alle distanze dello spazio profondo e alla necessità di un puntamento estremamente accurato. L'ubicazione dei due osservatori ellenici che hanno partecipato al collegamento: Credit: ESA In aggiunta a tutto ciò, per motivi di sicurezza durante le trasmissioni laser, alcune sezioni dello spazio aereo greco sono state temporaneamente chiuse. ### Una lunga preparazione per una rapida installazione Il successo di questo primo collegamento è il risultato di anni di preparativi e di collaborazioni, mentre le stazioni di ricetrasmissione ottica venivano costruite. Il _Ground Laser Trasmitter_ è dotato di cinque laser ad alta potenza con dei controlli di movimento ultra precisi, posizionati in un container lungo sei metri dotato di una piattaforma di sollevamento. Questa struttura è in grado di proteggere le apparecchiature più sensibili dalla luce solare durante il giorno, e di esporle all'aria aperta dopo il tramonto. Riguardo alla stazione ricevente, il _Ground Laser Receiver_ , è formato da un sofisticato banco ottico talmente sensibile da riuscire a rilevare i singoli fotoni. Il ricevitore è fissato saldamente sul retro del telescopio Aristarchos dell'Helmos Observatory, dotato di uno specchio riflettente da 2,3 metri e situato ad una quota di 2.340 metri sul livello del mare. Queste sono le elaborazioni dei segnali inviati dal Ground Laser Transmitter il 7 luglio, all'esperimento DSOC a bordo della sonda Psyche. Nell'immagine superiore, il detecor mostra la luce proveniente sia dalla Terra crescente che dal GLT. Nell'immagine inferiore, la luce proveniente dalla Terra crescente è stata sottratta, isolando il segnale proveniente dal GLT. Credit: ESA-NASA-JPL Lo scorso aprile il team ha svolto una campagna di prova inviando un singolo segnale a bassa potenza verso il satellite europeo Alphasat, situato in orbita geostazionaria a una quota di 36.000 km. Questo satellite è un vero e proprio banco di prova per le tecnologie delle comunicazioni ottiche, grazie a un terminale su misura fornito dall'Agenzia spaziale tedesca DLR. L'installazione finale dei sistemi laser, dei cablaggi e dei sistemi di raffreddamento sono avvenuti nell'arco di una mattinata. Poco dopo i vari gruppi di tecnici hanno potuto procedere con delle simulazioni finali, per ripassare le procedure complete ed eseguire un test reale per ottimizzare le tempistiche e il coordinamento. La _task force_ ha visto l'impiego di sette persone presso Kryoneri e di dodici ad Helmos. La gestione della sonda Psyche e del terminale DSOC è avvenuta negli Stati Uniti presso il JPL, il quale ha inviato in Grecia due suoi esperti per coadiuvare le operazioni al suolo. ### Un'occhiata al futuro Il successo di questa dimostrazione non è solo un risultato tecnico, ma è anche uno sguardo al futuro delle comunicazioni nello spazio profondo. Secondo quanto dichiarato da Andrea Di Mira, Manager per l'ESA del Progetto del sistema _Ground Laser Transmitter_ presso l'ESOC, i collegamenti ottici promettono dei ratei di trasmissione da 10 a 100 volte più veloci di quelle garantite dai correnti sistemi a radiofrequenza. Inoltre, ha spiegato, la combinazione di questa tecnologia con quelle già disponibili per le comunicazioni a radiofrequenza, è essenziale per trasmettere il sempre più elevato quantitativo di dati delle missioni per l'esplorazione dell'universo. Il pieno successo di questo test getta le fondamenta per il programma ASSIGN (_Advancing Solar System Internet and GrouNd_) dell'ESA che verrà presentato al Consiglio Ministeriale dell'agenzia (CM25) a novembre. L'obiettivo del programma ASSIGN è di federare le reti esistenti in una “rete di reti” interoperabile, sicura e resiliente – il cosiddetto “Solar System Internet” (SSI) – per le missioni dell'ESA nonché per quelle istituzionali e commerciali, e di promuovere la competitività dell'industria europea per la sua realizzazione e il suo futuro sfruttamento. La partecipazione dell'ESA alla dimostrazione DSOC è stata resa possibile da un consorzio di compagnie europee che ha incluso qtlabs (Austria), Single Quantum (Paesi Bassi), GA Synopta (Svizzera), qssys (Germania), Safran Data System (Francia), NKT Photonics Ltd (Regno Unito), e dal National Observatory of Athens (Grecia) il quale ha permesso di trasformare momentaneamente gli osservatori di Helmos e Kryoneri in stazioni ottiche per lo spazio profondo oltre a fornire delle infrastrutture critiche. L'intero progetto è stato finanziato dal _General Support Technology Programme_ e dal _Technology Development Element_ entrambi dell'ESA. ### Si punta a Marte, passando dalla Luna ESA è attualmente allo studio di un rimorchiatore a propulsione elettrica per Marte, chiamato “LightShip”, il cui compito sarà quello di trasportare veicoli spaziali abitati verso il pianeta rosso. Dopo aver scaricato i passeggeri, LightShip si trasferirà in un'orbita operativa dalla quale fornirà servizi di comunicazione e navigazione tramite il sistema _MARs Communication and Navigation Infrastructure_ (MARCONI), che avrà integrato anche il dimostratore di un sistema di comunicazione ottico. Una rappresentazione artistica del rimorchiatore marziano LightShip. Credits: ESA L'elemento centrale del programma ASSIGN è la missione in orbita lunare SSI Node-1, destinata a gettare le basi per i futuri collegamenti ottici spaziali. Più precisamente la missione ha l'obiettivo di dimostrare l'affidabilità delle operazioni di routine di un collegamento ottico principale dall'orbita lunare, nonché di fornire un banco di prova per le tre tecnologie chiave identificate dall'ESA: * comunicazione ottica * reti resilienti, sicure e tolleranti le interruzioni * posizionamento, navigazione e sincronizzazione nello spazio profondo. La fase iniziale di progettazione è stata completata agli inizi di quest'anno presso la _Concurrent Design Facility_ dell'ESTEC di Noordwijk in Olanda. Il team ingegneristico è pronto a passare alla fase successiva di sviluppo, inoltre il carico utile, o parti di esso, potrebbero essere utilizzati come payload ospitati in altre missioni o come parte di una missione SmallSat dedicata. Il progetto prevede un terminale di comunicazione laser (_Laser Communication Terminal_ – LCT) delle dimensioni di 13,5 cm e in grado di trasmettere dati ad una velocità di 5 Gbps. Questo ripetitore ad alta velocità potrebbe collegarsi ad una stazione ottica sulla Terra o ad un nodo geostazionario in grado di estendere la rete HydRON (_High-throughput Digital and Optical Network_) basata su un sistema satellitare in orbita terrestre bassa in grado di effettuare connessioni ottica su vari livelli. Il sistema di posizionamento, navigazione e sincronizzazione PNT (_Positioning, Navigation, Timing_) e quello di comunicazione saranno interdipendenti. Il veicolo spaziale ha bisogno di una precisa sincronizzazione per coordinare le comunicazioni e calcolare le finestre di contatto, mentre il sistema PNT richiede dei collegamenti per la sincronizzazione temporale e per la condivisione dei dati di posizionamento. L'unione di queste funzioni rafforza l'efficienza, riduce i costi di dispiegamento e la resilienza della missione. In conclusione, oltre ad aumentare il ritorno dei dati scientifici delle missioni, l'SSI ne ridurrà i costi, migliorerà l'autonomia di bordo e ottimizzerà l'uso delle risorse di comunicazione. È essenziale che l'ESA e l'Europa rimangano attori chiave in questa impresa internazionale e che tutelino gli interessi dell'industria europea nel suo utilizzo, con conseguenti benefici economici per gli Stati membri. Fonte: ESA
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