quando scopri quel disciplinare che accompagna ogni gara o lo ami e continui il percorso che hai iniziato, facendo diventare quei gesti sempre più tua, o lo ritieni "troppo" e ti allontani continuando a vivere questo sport come spettatore.

Una serie di gesti e procedure quasi militari ma anche cavalleresche.
Raccontandole ad amici qualcuno le ha definite bizantine, limitandosi a concepire questo sport solo come il gioco e niente più.
Credo che il punto di non ritorno nel percorso che porta ad essere un arbitro stia proprio lì:

La pallavolo è un rituale con un protocollo rigido e cadenzato al minuto; gesti e rituali che si ripetono ad ogni partita indipendente che sia una partita della massima serie o quella di una Under 14 di un qualsiasi campionato territoriale.

Ma allora, perché decidere di diventare arbitro?
Benché "laico", ovvero non addentro come praticante a questo sport, l'ho sempre visto come lo sport "perfetto": niente contatto fisico, fair-play e rispetto dell'avversario.
Ma addentrandosi si scopre molto di più.